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Sandro Ciotti, una voce che non si spegne nonostante il tempo

A distanza di venti anni, quella voce risuona ancora nel nostro immaginario, intrisa di nostalgia e di disincanto

Venti anni fa ha salutato questo mondo alla sua maniera, trovando il coraggio e la leggerezza per ironizzare anche sulla morte : «Il Padreterno mi ha convocato in anticipo» disse a un collega che era andato a trovarlo al Policlinico Gemelli. Ma se ci mettiamo davanti a una radio e chiudiamo gli occhi, ci sembrerà di sentire ancora risuonare la sua voce inconfondibile e ricaveremo la sensazione che Sandro Ciotti forse non se ne sia mai andato davvero. Perché la radio l'ha padroneggiata con arguzia per quasi mezzo secolo senza mai essere banale, regalando emozioni indimenticabili e pillole di cultura a tante generazioni di italiani che avevano il pallone nel cuore e la grande musica nella testa.
Nato in una famiglia della buona borghesia romana, battezzato dal poeta Trilussa, gli faremmo un torto se dicessimo che la sua popolarità era dovuta solo alle più celebri trasmissioni come “Tutto il calcio minuto per minuto” e la “Domenica sportiva”.

Ciotti non ha fatto solo il giornalista, è stato di tutto e di più: calciatore (con Lazio, Ancona, Bari e Forlì), paroliere, conduttore e ideatore di programmi e documentari, sapiente giocatore di biliardo e di scopone, ha studiato violino e pianoforte, per il cinema ha diretto “Il profeta del gol”, film dedicato alla vita di Cruyff. Seguendo una quarantina di edizioni del Festival di Sanremo ha raccontato la rinascita della canzone italiana e, da esperto di spettacolo, ha attraversato l'età dell'oro di Cinecittà. Al microfono ha raccontato 14 olimpiadi, 8 mondiali di calcio, 15 giri d'Italia, 9 tour de France. Quanto basta per dire che la sua è stata una vita da Oscar.

Avendo fatto parte della seconda generazione di “Tutto il calcio” ho avuto anche il piacere di lavorare accanto a lui. È stato un privilegio assoluto, vissuto in un periodo nel quale lo sport era solo sentimento. Qualche volta era sferzante con le sue bacchettate, perché aveva un caratterino niente male, ma anche quando non ti diceva nulla, avevi sempre da apprendere. Bastava osservarlo, avvolto nella nube delle sue innumerevoli Chesterfield, per rubare preziosi segreti del mestiere. A quella voce così roca (che gli valse l'appellativo di “The Voice” in versione italiana) sono legate tante leggende. Sandro sosteneva che non era dovuta alla quantità industriale di sigarette, ma a un edema alle corde vocali, rimediato dopo una maratona radiofonica di quattordici ore sotto la pioggia alle olimpiadi di Città del Messico nel 1968. Forse il maltempo aggravò un problema già esistente. Fatto sta che quel timbro così singolare invece di rappresentare una disgrazia si trasformò nella sua fortuna e nel suo marchio di fabbrica perché lo rese riconoscibilissimo.

Altro capitolo, la rivalità con Enrico Ameri. Era vera, ma la vissero all'insegna delle loro diverse peculiarità e del rispetto reciproco. E alla fine, invece di costituire un problema, quel dualismo rappresentò una risorsa per “Tutto il calcio”, perché in trasmissione ognuno riuscì sempre a dare il meglio di se stesso. Al nome di Ciotti è legata anche la storica espressione “Clamoroso al Cibali”, coniata dopo una vittoria del Catania contro la grande Inter di Helenio Herrera, il 4 giugno del 1961. Ma la paternità non fu mai scoperta. Quel giorno al microfono non c'era sicuramente Ciotti, infatti non si trovò traccia negli ordini di servizio e la gara non era trasmessa in diretta. Tuttavia quella frase diventò una leggenda metropolitana perché Sandro ne cavalcò astutamente la popolarità.
Ai funerali del 19 luglio eravamo in tanti a piazza del popolo nella Chiesa degli artisti. A distanza di venti anni, quella voce risuona ancora nel nostro immaginario, intrisa di nostalgia e di disincanto. Ridà vita al ricordo di una Italia felice e piena di inventiva, orgogliosa delle sue qualità e non soffocata dai suoi vizi. Una Italia di cui Ciotti è stato cantore privilegiato e protagonista indimenticabile.

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