Domenica 24 Novembre 2024

Stasera la serata conclusiva e il Premio Federico II con un red carpet ricchissimo

Alessandro Borghi e Greta Scarano, 'Suburra'

E’ Alessandro Borghi l’ospite misterioso, la guest star della Primavera del Cinema Italiano. L’attore romano sarà presente stasera al Rendano di Cosenza per la cerimonia di consegna del Premio Federico II, in un parterre de rois davvero esclusivo. Dalle 20, il teatro di tradizione della città bruzia vedrà sfilare sul classico red carpet grandissimi protagonisti del cinema di casa nostra. Da Mario Martone a Roberto Andò, fino a Edoardo Leo e Lodo Guenzi: una chiusura col botto per la kermesse. In attesa di vederli sul palco, abbiamo avvicinato proprio Borghi. Simpatico, gioviale, disponibile al dialogo. È l’attore del momento, un momento che dura già da qualche anno, per la verità. Almeno dal 2015, al cinema con «Suburra», e poi sul piccolo schermo nell’omonima serie tv. Nel 2018 è Stefano Cucchi nel film «Sulla mia pelle» di Alessio Cremonini, un’interpretazione intensa che gli vale il David di Donatello come migliore attore protagonista. E nel 2020 è protagonista della serie tv internazionale «Diavoli», ambientata nel mondo dell’alta finanza londinese, dove recita in inglese. Alla Primavera del Cinema Italiano l’abbiamo ammirato in «Le otto montagne», la pellicola diretta da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, vincitrice del premio della giuria al 75esimo Festival di Cannes e di 4 David di Donatello. “Le otto montagne”, il valore dell’amicizia, quella che rinsalda i propri cardini anche a distanza… «È stata una delle più grandi esperienze della mia vita e del mio percorso artistico. Ho rincontrato Luca (Marinelli), ho incontrato Vanessa e Charlotte (i registi), ho conosciuto Paolo Cognetti, l’autore del romanzo da cui è tratto il film e che avevo letto e amato. Motivazioni condite dallo stare in montagna per sei mesi, il luogo che preferisco. L’amicizia è un sentimento che mi tiene in vita da sempre, uno dei legami, forse il legame più profondo. Io e Luca siamo amici e fratelli ormai da tanti anni però lui vive a Berlino e io a Roma, e la distanza l’abbiamo vissuta su di noi. È stato un po’ come andare a cercare qualcosa di noi e tentare di trasporlo in una dimensione cinematografica». Il fascino della Croisette e il premio della giuria di Cannes… «I premi non te li aspetti mai. Recito per la gioia di farlo, cercando di esprimermi nella maniera migliore e di raccontare delle belle storie. Credo che quel premio sia stato importante per il film, per il suo andare in giro nel mondo. Ho visto l'amore per “Le otto montagne” e mi ha emozionato. E poi sta durando un’eternità, siamo stati a Cannes quasi due anni fa e il film ancora è in giro…». Hai lavorato tanto sia sul piccolo sia sul grande schermo, nella preparazione a indossare la maschera di scena quanto influisce il canale a cui il film è indirizzato? «Ho una preferenza netta per la dimensione cinematografica, poi gli ultimi tempi ci hanno anche un po’ costretto al cambiamento. Purtroppo, non vado molto d’accordo con la metrica lavorativa delle serie, la lunghezza, la confusione, non riuscire mai ad avere perfettamente il personaggio tra le mani. Nel cinema, hai davanti tutta la parabola del personaggio e riesco forse a gestirlo meglio». E adesso… Rocco Siffredi! C’è tanta attesa. Qualche giorno fa, i primi scatti ufficiali dal set… «È stato un esperimento, per capire fino a che punto fossi disposto a mettermi in gioco rispetto ad alcune tematiche molto sensibili e molto attuali. Specie sulla figura della donna. È stato bello conoscere la sua storia, racconti molto privati, anche grazie ad alcune sfumature che la scrittura di Francesca Ranieri ha colto, e che sono state il motivo forse per cui ho deciso di fare la serie. Per poter raccontare che il nero non è per forza nero. Le motivazioni di ognuno, l'istruzione, il contesto in cui siamo vissuti a volte ci spingono da un’altra parte e l'unico modo per sanare le cose è andare a educare, a rieducare». Oltre alle indubbie capacità attoriali, di te colpisce il rapporto speciale che hai con i tuoi genitori… «Il rapporto con la mia famiglia è rimasto invariato negli anni. I genitori ci insegnano fino ai vent’anni, superati i venti siamo noi che dobbiamo prenderci la responsabilità di farlo con loro perché siamo noi che portiamo il cambiamento nel loro mondo. Mi hanno fatto sempre sentire una persona molto libera e quando li ho visti essere felici per quello che avevo ottenuto sul lavoro è stato per me un successo impagabile. Nessuno pensa di diventare famoso, di poter lavorare e vivere facendo un lavoro che gli piace. E quando accade, fama e soldi, se non hai vicino persone che ti aiutano a rimanere te stesso ti perdi nel nulla. E invece la mia famiglia c’è stata sempre».

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