Stefano De Bellis e Edgardo Fiorillo sono appassionati di storia antica e più precisamente di quell’età di splendore e di crisi della storia di Roma in cui la res publica visse la guerra dei socii, lo scontro tra i populares di Mario e gli optimates di Silla, la dittatura feroce di Silla stesso, la secessione spagnola comandata da Sertorio e in aggiunta la rivolta degli schiavi guidati da Spartaco. Insomma un’età di conflitti, di vuoti di potere e di scalata al potere, in cui le liste di proscrizione sono strumento di rovina da un lato e di arricchimento dall’altro: un periodo travagliato per l’equilibrio repubblicano in una Roma caotica e corrotta in cui la crisi del mos maiorum, il severo “costume” etico dei padri, è pari al degrado della Suburra e a quello delle insulae fatte costruire dal ricchissimo Crasso, una bomba sociale che mina l’otium di vecchi conservatori di nobili famiglie e di benestanti cittadini dell’ordine equestre.
In questa materia così complessa si muovono De Bellis e Fiorillo, l’uno consulente informatico ma anche, nelle sue altre vite, poliziotto, compositore, esperto di logistica e sommelier, l’altro biologo e divulgatore scientifico. Insieme hanno dato inizio a questa serie con «Il diritto dei lupi» (Einaudi 2021), un giallo storico vincitore del XII premio letteratura storica Hislibris, i cui diritti sono stati già comprati per una serie televisiva, cui fa ora seguito «La stagione delle Erinni» (Einaudi), incentrato anch’esso attorno alla figura di Cicerone, personaggio scelto per rappresentare la difesa del diritto e l’uso del metodo razionale per sventare complotti e indagare su delitti.
Inizialmente i due autori erano alla ricerca di un “cattivo”, poi individuato in Silla; e da Silla arrivare al difensore di Sesto Roscio Amerino, e cioè Cicerone, il passo era inevitabile. Un processo dall’enorme valore politico, che apre la carriera dell’oratore, perché difendere Sesto Roscio, accusato ingiustamente di parricidio a causa delle trame del potente liberto di Silla, Crisogono, desideroso di impadronirsi dei possedimenti di Roscio, significava condannare il sistema dittatoriale di Silla. Un caso vero, dunque, da romanzare. E il romanzo prende il via nell’anno 72 a.C, dalla morte del visionario Sertorio in Spagna; poi la scena si sposta a Roma con il mistero di un complotto, tra intrighi e agguati, tra lupanari e domus nobiliari, tra incontri alle terme o in cene trimalcioniche.
Tante ombre s’addensano sulla Repubblica, e in un’ambientazione perfettamente ricostruita anche linguisticamente, insieme a personaggi storici come Sertorio, Crasso, Cicerone, ben riconoscibile nei suoi tratti, anche privati, Tirone e Terenzia, altri sono inventati ma verosimili, come l’ex centurione Tito Annio Tuscolano (già presente nel prequel), la lenona Flavia Polita, la giovane e bellissima Plauzia, la celtibera Erennia, e le strigi, pronte a lanciare le loro defixiones, le temute maledizioni.
Appassionante.
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