Domenica 22 Dicembre 2024

«Ludopazza», discesa agli inferi partendo... da una sala slot. Successo al Fringe Festival di Milano dello spettacolo “messinese”

Decisamente un successo: nell’ultima replica al Fringe Festival di Milano, sala piena e tanti applausi. E adesso la prossima tappa al Fringe di Catania (piazza Scammacca), dal 19 al 29 ottobre. L’esordio da autore messo in scena (vinte finalmente titubanze e resistenze) con «Ludopazza» del giornalista e scrittore messinese Davide Marchetta non avrebbe potuto essere migliore. Nello spazio non teatrale, com’è nello spirito del Fringe, ma perfettamente funzionale, del Museo del Fumetto, l’attrice e regista Sabrina Marchetti (nipote dell’autore e figlia del ben noto attore Maurizio: quanta Messina in scena a Milano!, c’è anche l’aiuto regista Adriana Mangano, e la produzione è Nutrimenti Terrestri del messinese Maurizio Puglisi) ha raccontato con i toni giusti la caduta all’inferno, spesso senza ritorno (questa è la ludopatia, una malattia epidemica del comportamento, ancora molto sottovalutata) della protagonista Sandra, un’infermiera che ha sacrificato famiglia e qualità del lavoro, ideali e capacità di relazioni, voglia di vivere e idea di futuro. È la storia di un qui e ora senza sbocchi, drammaticamente chiuso nella semioscurità di una sala slot, destinato a una coazione a ripetere, reso tragico dalla coscienza della protagonista di aver rovinato se stessa e chi le vuole bene e di non poter uscire dal suo girone infernale. Sappiamo tutti che la ludopatia può essere efficacemente curata, ma, come per l’alcolismo, richiede una precisa volontà e una personale forza d’animo che cozza contro la situazione psicologica: ci vuole quello che forse può essere definito una sorta di espianto di qualcosa che è dentro chi ne è colpito o più semplicemente uno scarto decisivo verso la propria essenza. Il testo di Marchetta esamina in soggettiva, con crudezza verbale di toni e con un senso della realtà (quella vera e contemporaneamente l’altra fittizia che si crea la protagonista) altamente drammatico, la vita-non vita di Sandra. Riesce in sostanza a portarci dentro un mondo che potrebbe essere incomprensibile per chi guarda da fuori, ognuno di noi con la sua pretesa normalità. Raccontando come si inizia, come si continua, come a poco a poco si diventa bugiardi e anche ladri rubando perfino dal salvadanaio dei figli, come la sala slot diventi una sorta di casa, sicuramente l’abitazione principale, come una nuova e inutile dignità (per esempio, non far vedere agli altri giocatori che sono finiti i soldi) si sostituisca a quella più semplice del vivere sociale, l’autore incalza lo spettatore, lo trascina fino al fondo senza uscita della protagonista. Non solo, con interessante abilità drammatica propone una sorta di escalation: ogni volta che crediamo di essere arrivati al fondo ci fa scoprire che ce n’è un altro, ancora più in basso, in una discesa che diventa precipizio. Su questo percorso Sabrina Marchetti – che ha anche il merito di aver stanato il testo dai cassetti molto pieni dello zio – costruisce una “Ludopazza” che nella sua confessione scenica trova il modo di poter tornare a essere finalmente sincera, ma senza nessuna concessione a un domani migliore. Modula soprattutto i toni della rabbia, ma non solo, e con un interessante uso delle luci che proiettano la sua doppia ombra rende visivo sia il dialogo (violento) tra le parti contrapposte di Sandra e quello con gli altri personaggi evocati (il marito, l’amante, la madre, l’amica del cuore) dal suo incalzante racconto.

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