«In altre parole» sono sempre «Le parole» di Massimo Gramellini, in formato bisettimanale, sia nel preserale del sabato che in quello della domenica, ma su La 7. Per sintetizzare il contenuto del format, potremmo ovviamente sbizzarrirci con notazioni letterarie, tipo «Niente di nuovo sul fronte occidentale (televisivo)», o «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», e nel caso di Gramellini è cambiato il titolo del programma, è cambiata la rete che lo trasmette, ma tutto – o quasi – è rimasto uguale. L’editorialista del Corriere della Sera anche su La 7 ha confermato il cast che lo accompagnava su Raitre, portandosi appresso il comico Saverio Raimondi, l’esperto d’arte Jacopo Veneziani, ma soprattutto il prof. Roberto Vecchioni, vero valore aggiunto del programma. La novità è la rubrica di Alessandra Sardoni, già in forza al TG di Mentana, «Che anno è?». Mentre nella puntata del sabato l’attenzione di Gramellini si concentra sull’attualità settimanale, nello spazio domenicale si parla di ricordi e notazioni di vita, sospesi fra fatti passati e contemporaneità del pensiero, un esercizio che il giornalista affronta con la sua rubrica «Il caffè di Gramellini» sul Corriere e che anche televisivamente riesce a collocare in quella terra di mezzo in cui lo sguardo è rivolto all’indietro per tracciare la linea dell’esperienza e del confronto con il presente. Chi si aspettava che con il passaggio di rete ci sarebbe stato anche un cambio di registro, ovviamente sarà rimasto deluso, perché «In altre parole», salvo le integrazioni di cui abbiamo detto e che ben si innestano nel tessuto della trasmissione, è in perfetta continuità con la precedente esperienza televisiva su Raitre, nella quale, senza strepiti da cortile, si offrono spunti di riflessione sui temi di attualità. È la pacatezza delle opinioni che regna sovrana, in aperto contrasto con quanti abitualmente vediamo nei talk tv, una pacatezza che vede in Roberto Vecchioni il suo portavoce. Le notazioni lessicali di Vecchioni, le sue ricerche semantiche che trasportano le parole dall’oggi al greco antico, la sua capacità di far vivere i concetti attraverso termini antichi o classici, senza che la modernità ne risenta, la sua semplicità nello spiegare il perché di una locuzione spesso abusata nel linguaggio corrente aggiungono valore alla trasmissione e lo rendono amato protagonista.