Non è il teatro ad essere falso, è falso tutto ciò che non è teatro. Ed è tutto vero, anzi «verissimo, accaduto» come Goldoni dice di un «curioso accidente avvenuto, non ha molto tempo, in una città di Olanda». Divenne il titolo di una delle sue commedie più famose, «Un curioso accidente», del 1760, trionfalmente rappresentata in prima nazionale a Roma al Teatro Argentina (produzione di Effimera, Teatro di Roma e Teatro della Toscana) con la regia e la recitazione d’un superbo Gabriele Lavia nelle vesti del ricco mercante olandese Filiberto, e di una splendida Federica Di Martino, Madamigella Giannina, unica figlia di Filiberto.
L’ “accidente”, ciò che cade addosso per caso o per sfortuna o, aristotelicamente, ciò che è contingente per l’umano, «quantunque vero parea inverosimile» scriveva Goldoni e poteva essere credibile e al tempo stesso romanzesco, secondo i colori del suo Teatro-Mondo, i due libri sui quali aveva più studiato, per rappresentare «i caratteri, le passioni, gli avvenimenti a cui dare rilievo nelle tinte per far impressione sugli animi».
«Forse la compassione procede dalla passione? Questo succede solo a teatro» esordisce Goldoni-Filiberto-Lavia, dopo un’ouverture musicale che è un inno all’Amore (musiche di Andrea Nicolini e testi di Gabriele Lavia, suono di Riccardo Benassi) per augurare al pubblico «buon teatro» su una scena che il regista-attore per il suo terzo Goldoni (dopo «Il vero amico» e «Una donna vendicativa») ha voluto fosse come un teatro nel teatro (scene di Alessandro Camera), persino con gli spettatori seduti, casse di attrezzi e un angolo-“camerino” con il nero predominante illuminato dalle luci di Giuseppe Filipponio che hanno esaltato le colorate vesti dei personaggi (su essenziali magliette e pantaloni neri per i costumi di Andrea Viotti).
C’è la guerra “dei sette anni”, a fare da sfondo con il suo disordine, una guerra già “mondiale” che si combatté tra il 1756 e il 1763 in Europa e nell’America Settentrionale, coinvolgendo le principali potenze europee di quel tempo, ma l’Olanda bada ai suoi affari, che per alcuni prosperano come sempre in guerra. I francesi furono sconfitti e nella parte dei vinti e dei poveri sono i due ospiti francesi di Filiberto, Monsieur de la Cotterie (il bravissimo Simone Toni) e il suo aiutante Monsieur Guascogna (Lorenzo Terenzi). Ma ecco che per un “accidente” che è l’amore, studiato bene da Goldoni nel libro del Mondo, Madamigella Giannina si innamora di Monsieur de la Cotterie; la fanciulla sa bene, con l’avvedutezza tipica dei personaggi femminili goldoniani, che bisogna «salvare l’amore, la convenienza e la reputazione» ma sa anche che ci «vuole coraggio» perché «amore è ingegnoso, è amoroso ma va coltivato». Lo scontro generazionale c’è tutto (e la lezione, il volterriano Goldoni, non poté non averla appresa anche da «venerabili e celebrati Autori», dalle commedie antiche di Menandro, Plauto e Terenzio), tra padri e figli, tra vecchio che resiste e nuovo che avanza, tra i “lumi” dell’amore e le ombre degli interessi economici.
Ma alla fine, tra equivoci e fraintendimenti resi dai protagonisti e dai bravi attori Giorgia Salari (la domestica Marianna), Beatrice Ceccherini (Madamigella Costanza), Andrea Nicolini (Monsieur Riccardo e primo pianista), Leonardo Nicolini (secondo pianista), e il cameo finale d’un malizioso Arlecchino (Lorenzo Volpe, omaggio alla Commedia dell’Arte), con un rinnovato inno musicale all’Amore, Filiberto è «costretto dalla necessità, dall’amore e dalla dabbenaggine a pacificarsi». Soprattutto, come è tipico in Goldoni, dalla dabbenaggine.
Dopo le repliche all’Argentina sino al 19, il “suo” Filiberto, Lavia (regista assistente Enrico Torzillo) coi suoi umori e la sua sorprendente vitalità lo porterà a Milano al Teatro Strehler (dal 28 al 6 dicembre), a Firenze al Teatro della Pergola (16-21 gennaio), a Torino al Carignano (23-28 gennaio) e con altre date sino alla metà di marzo.
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