Un Apollo giovinetto, elegante e bellissimo, impegnato a cacciare una lucertola. Dopo la meraviglia dei bronzi, è una statua monumentale, alta quasi due metri, copia in marmo da un originale in bronzo del greco Prassitele, l’ultimo tesoro restituito dal fango e dall’acqua ribollente degli scavi di San Casciano. Un ritrovamento straordinario, anticipa all’ANSA il prof Jacopo Tabolli dell’Università per Stranieri di Siena, che si accompagna a un particolarissimo donario in pietra con un’iscrizione bilingue e a una miriade di piccoli oggetti in bronzo, terracotta e persino cristallo che aprono affascinanti squarci sulla quotidianità del santuario.
«Lo scavo di San Casciano non smette di stupire» applaude dal Mic il direttore generale archeologia Luigi La Rocca: «Non solo bronzi dunque, erano dedicati alle divinità salutifere venerate in questo straordinario santuario delle acque, ma anche statue in marmo, di pregio, talora repliche, come in questo caso, di originali greci, testimonianza della frequentazione di soggetti appartenenti ai ceti sociali più vari, dalle ricche aristocrazie etrusche ai più umili operai impegnati nella costruzione degli edifici sacri».
E non basta. Perché allargando il perimetro dello scavo, quello che in un primo tempo era apparso come un piccolo edificio sacro costruito intorno alla sorgente e alla sua vasca rituale, si è rivelato in questi ultimi mesi un vero e proprio tempio con il portico ornato da quattro colonne e la parte centrale con la grande vasca in parte coperta da un podio ornato da grandi statue, una delle quali era forse proprio quella del giovane Apollo. Un gioiellino d’architettura monumentale e di ingegneria idraulica, insomma, costruito, in totale continuità di culto, sopra a un più antico sacello etrusco di cui in questi mesi sono stati portati allo scoperto le splendide mura. Anche se i romani, forse proprio per rendere il loro tempio più stabile, ne vollero aggiustare l’orientamento sul terreno, ruotandolo leggermente, dopo aver ingrandito e reso più sfarzosa la vasca destinata ad accogliere le offerte. «Un’ulteriore prova del valore sacro che qui si dava all’acqua calda della sorgente, che era sentita proprio come una divinità che sgorgava dalla terra e che in questo tempio aveva la sua casa», sottolinea Tabolli indicando le membra affusolate della grande statua, appena affidata alle cure delle restauratrici.
L’emozione è forte, anche se, a differenza dei bronzi oggi in mostra al Quirinale che ci sono arrivati intatti, questo Apollo è purtroppo ridotto in pezzi, alcuni dei quali, come le braccia e parti della testa, devono ancora essere trovati. «Non è stato un caso, questa statua è stata volutamente rotta e poi buttata nella vasca proprio al momento della definitiva chiusura del sito, nel V secolo dopo Cristo, difficile dire con certezza se per un ultimo atto rituale pagano, di protezione o se come volontà iconoclasta dei cristiani», fa notare il direttore dello scavo, l’archeologo Emanuele Mariotti, indicando il punto dove la forza impetuosa dell’acqua, che sgorga ormai a 30 litri al secondo, ha portato allo scoperto le splendide gambe del dio. «Erano nascoste da una colonna calata in verticale proprio per chiudere e sigillare tutto - spiega - quando ce le siamo ritrovate davanti è stato pazzesco. Dietro alle gambe, tuffato a testa in giù è venuto fuori il busto e poi un piccolo altare, in una sequenza incredibile».
Una stretta al cuore sotto certi versi ancora più grande di quella provata un anno fa, quando da quell'acqua e da quel fango si tirarono fuori i bronzi. «Fra le nostre braccia quel corpo di marmo era caldo tanto da sembrare vivo», si emoziona ancora Tabolli. Perché seppure in pezzi, sottolineano gli archeologi, che anche in questo caso hanno condiviso la scoperta con una fitta rete di esperti, l'Apollo di San Casciano ha un enorme interesse scientifico. Della statua di Prassitele - il cui originale è forse il bronzo conservato a Cleveland - esistono diverse copie romane in marmo esposte nei musei del mondo, le più note al Louvre e ai Vaticani. Nessuna però legata ad un preciso contesto, così come non esiste un mito che spieghi il significato di quel gioco del dio con la lucertola. «E invece qui un legame potrebbe venire fuori e proprio con la medicina - anticipa Tabolli - visto che la lucertola per gli antichi era legata alle cure oftalmiche e che nella vasca sono stati trovati esemplari di lucertole in bronzo».
Apollo, insomma, potrebbe avere giocato un ruolo importante in questo tempio toscano dove gli antichi si venivano a curare, venerato e omaggiato insieme alla divinità dell’acqua proprio per il suo legame con la medicina e le cure della salute che qui si praticavano. «Pensiamo anche all’altro Apollo, quello in bronzo che abbiamo rinvenuto un anno fa. E poi ai diversi altari dedicati al dio», fa notare Tabolli. «Insieme al nume dell’acqua, un grande protagonista di una storia di malattie e di guarigioni, di angosce e di speranze ritrovate che qui è lunga sette secoli»
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