Domenica 24 Novembre 2024

A Reggio una giornata in onore di Vito Teti, il Maestro della Restanza

«Oggi più di ieri dobbiamo ricordare quello che di vivo resta della nostra Calabria; le storie delle nostre famiglie, perché i figli partono quasi fosse un destino naturale, quando ad allontanarli è la mancanza di strutture, di servizi, di biblioteche, di centri culturali e sociali, di teatri.  La responsabilità etica, civile e politica è domandarci dove stanno andando il mondo, la Calabria ed il Mezzogiorno». Così, il celebre antropologo calabrese Vito Teti, studioso di fama internazionale, “padre” del costrutto teorico della «restanza», nel corso dell’incontro  organizzato a spazio “Elle Interni” di Manuela Bassetta da “Restate in Strada”, con il contributo del circolo del cinema Zavattini, del Centro di medicina solidale Ace, del Touring Club sezione di Reggio Calabria. L’evento è stato preceduto dalla visita al Parco della Conoscenza e del Benessere di San Filippo di Pellaro, dimostrando la vitalità e la vastità di una rete che si è stretta attorno all’opera e al pensiero dell'antropologo, per lanciare questo messaggio: «Restare, costruire un presente diverso. Vito Teti dimostra che è possibile». Tanti i momenti: la proiezione di due corti e la mostra fotografica «Homeland» di Teti e Salvatore Piermarini;  la premiazione dei vincitori del concorso  fotografico «Restanza ed erranza» (nell’ordine, Nadia Lucisano, Francesco Truglia e Vincenzo Penna, menzione speciale). Tante anche le voci che si sono susseguite: Ornella De Stefano per il circolo Zavattini; Nino Mallamaci con il commento ad «Ararat», il docu che è «un viaggio sull'accoglienza e sulla restanza» di Eugenio Lijoi, pure lui presente, e Vito Teti. «Con Vito Teti cambia il linguaggio del restare; assume nuovo significato il legame con la propria terra», sottolinea Saverio Pazzano, dialogando con l’antropologo che rilancia: «Partire e restare sono i due poli della storia dell'umanità; molti mi chiedono cosa sia meglio; certamente il ritorno rappresenta un grosso problema se non si trovano condizioni di vivibilità», invitando a dare un senso nuovo a parole antiche: pena, pietà, misericordia, carità ed accoglienza. «Restanza significa sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente. Non capisco come questa classe politica nazionale non si renda conto del grande problema che è lo spopolamento delle aree interne che fa venire meno il tessuto civile e sociale, le relazioni che sono il cuore di una comunità... ». E ancora: «Per affermare una politica della restanza serve una visione d’insieme; servono parole come fiducia, conoscenza del passato, memoria e qui giocano un ruolo importante gli intellettuali: fotografare, scrivere, dipingere e comporre poesie è quella bellezza che può aiutare questa terra ad aprirsi». Il filo conduttore  è quello delle “nuvole di Calabria”  con i contributi alla narrazione venuti da Anna Mallamo, Giuseppe Smorto, Fabio Domenico Palumbo, Domenico Minuto, Alfonso Picone Chiodo, Anna Foti, Maria Teresa Iannelli, Salvino Nucera, Dario Nunnari, Antonio Campolo, Emanuele Minniti, Nino Mallamaci, e dal circolo del Cinema Zavattini. «Mi sono accorto dell’ esistenza delle nuvole a 32 anni; prima per me erano un paesaggio del tutto naturale; poi il rapporto è diventato inquietante, perché quei colori a volte carichi non sono segno di bellezza ma della natura che si sta allargando e ci parla; quei tramonti infuocati sono bellissimi ma sono anche frutto del grandi cambiamenti climatici». Ed ecco che le nuvole diventano un altro modo d’interrogarsi su quale fine farà il mondo. «Il problema è qui e adesso: cosa facciamo in questo momento per rendere la vita più vivibile e tutto questo è il paesaggio che guardiamo, sono le mani che tendiamo a chi sta male. Le nuvole cominciano dal basso, proprio dove c’è  il vuoto ed invece potrebbe esserci il pieno e ci indicano la via: riempire di cose belle questi spazi vuoti che ci inquietano». E si finisce con questa testimonianza finale del prof. Domenico Minuto: «Vito Teti ci ha regalato una lezione di vita e di speranza».

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