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Sandra Milo era mille donne. Tutte vere

Quante donne era, Sandra Milo. Lo svampita, la “musa di Fellini”, la coraggiosa che accettava ruoli ardimentosi per i suoi tempi, coi registi più grandi, la diva di B movie, la mamma di «Ciro, Ciro!», la naufraga dell’Isola dei famosi (62 giorni in Nicaragua, a 76 anni), la folle che con altre tre gigantesse dello spettacolo – Maionchi, Berti, Laurito, diversissime e uguali – se n’andava in giro in una stagione impossibile della vita caparbiamente trasformata, (evviva sempre le cattive ragazze). Lei che s’incatenava davanti a Palazzo Chigi per dare voce alla protesta dei lavoratori dello spettacolo, zittiti dalla pandemia (fu ricevuta dal premier Conte). Lei che era “oca bionda” e “svampita” solo per finta, per giocare coi ruoli e le maschere e le definizioni, o anche caderci dentro e poi riemergere, e ricominciare.

Perché, malgrado il fisico da pin-up, la voce da bambina e l’intonazione adorabilmente leziosa, Sandra Milo era tutto tranne che svampita. Fellini stesso (a proposito, poche sono le definizioni più urtanti per una donna, per un’artista, di quella di «musa di...», come se una donna, un’artista, fosse lì, oggetto inerte della “preziosa” immaginazione maschile: beh, non è così) aveva detto, della prima volta che l’aveva vista, che l’avevano colpito «gli occhi maliziosi e innocenti insieme, e rideva in un modo che mi sembrava che mi volesse prendere in giro».

Musa ironica, mille donne dentro la bella Sandra dagli occhi di gazzella e dalle forme rotonde, che con quella maschera lì ci giocava, e quando ne veniva risucchiata – «nei gorghi della vita» – e sopraffatta riemergeva e ricominciava in un altro modo. Novant’anni di discese ardite e di risalite, dentro tutte le forme dello spettacolo (il cinema, di serie A e di serie B, il teatro, la tv, dai “Piccoli fans” al reality), e dentro una vita privata che spesso era indistinguibile da quella pubblica: smodata, sregolata, amorosa e appassionata Sandra. Mille donne, e tutte vere.

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