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Che suono fa la bellezza? Il gran finale tra Piazzolla e Bach del Mediterraneo Radio Festival

La musica, come la poesia, come la letteratura, come l’arte, è un luogo di memoria e di ripetizione che ha il potere di farci incontrare con il numinoso. Così è stato per la quinta edizione del Mediterraneo Radio Festival, rassegna di musica classica, jazz e musica popolare che si è svolta a Nocera Terinese con la direzione artistica del Maestro Filippo Arlia ed è stata promossa e sostenuta dal Conservatorio Musicale Tchaikovsky di Nocera Terinese, quindi prodotta da Raffaele Cacciola, in media partnership con Radio Rai 3 (che prossimamente trasmetterà tutti i concerti).
Assieme alle fragranze della sera calabrese sembrava spirasse l’ambrosia, indizio del nume della ninfa Terina, grande madre di questi luoghi, nell’antico convento dei Padri Cappuccini di Nocera Terinese, edificato nel 1581 sui resti di un fortilizio, luogo d’elezione voluto dal Maestro Arlia per l’intenso viaggio del festival, crocevia di sonorità e di storie, che dall’11 aprile al 18 maggio è stato percorso insieme in armonia da grandi della musica classica internazionale con i giovani talenti del Conservatorio Tchaikovsky, una realtà questa (con il suo doppio a Catanzaro) che la determinazione di Arlia ha reso punto di riferimento per tanti giovani musicisti. E che raccontano di una Calabria “testarda” e resistente, in questo Mediterraneo dove tutti siamo corpi in cui la carne si mescola alla carne.

Ci sono tanti modi di sostenere la speranza e Filippo Arlia, nato nel 1989 a Cosenza, figlio d’arte rimasto a vivere nella “sua” Belmonte calabra, la musica come destino sin da bambino, talentuoso pianista, già pluripremiato maestro d’orchestra a livello internazionale, filologo della storia della musica, lo fa assieme alla moglie Valentina (pianista anche lei e ora, dopo Filippo, direttrice del Conservatorio) e a una squadra di musicisti docenti del curatissimo Conservatorio che, nato come semplice associazione, oggi conta più di 900 allievi, e per ampliare l’offerta di formazione educativa e musicale si è aperto ai concorsi, ai dottorati e all’Erasmus oltre che alla intensa attività concertistica. Mostrando, nella sua sfida quotidiana (la bellezza da sola non basta, ripete sempre Arlia) il volto bello e forte della Calabria, incrocio da secoli di tutte le mescolanze umane.
Si respira un bel senso di comunità e un’aria giovane entrando nell’edificio (un ex istituto scolastico) che ospita l’ “Istituto superiore di studi musicali Pyotr Ilyich Tchaikovsky”, evoluzione meravigliosa di quell’associazione che il professore Saverio, padre di Flippo Arlia, visionario e lungimirante, aveva fondato, “vedendo” per il futuro della comunità terinese quello che oggi è un gioiello per il mondo musicale non solo calabrese.
Furono anni difficili, ostacolati dall’ostilità di quanti ritenevano fosse solo un sogno o, peggio, un’illusione. E invece il sogno si realizzò in questo paese bello e antico a circa 300 metri sul livello del mare che si espande giù nella marina come tanti paesi del basso Tirreno; e il suo esempio, la sua capacità di fare squadra, la sua determinazione sono passate di testimone al figlio Filippo che continua a far diventare sempre più grande quel “sogno”. A Saverio è stato intitolato l’Auditorium del Conservatorio, la musica come luogo, come edificio le cui stanze perfettamente attrezzate piene di luce meridiana e di colori, sono anch’esse un crocevia di saperi, di vite, di esperienze. E di sogni da realizzare.
Come quelli di Jovanny, quindici anni, di Lamezia Terme, pianista talentuoso che ha vinto il prestigioso premio musicale “Città di Cantù”. Studente di liceo scientifico, affronta l’impegno della disciplina con entusiasmo, consapevole di poter disporre a casa sua dell’opportunità di stare tra le note. Lo si capisce per la disinvoltura impeccabile eppure pudica con cui si siede al pianoforte per regalarci un pezzetto del suo talento. E le emozioni si moltiplicano quando, accompagnati dalla gentile Francesca, stanza dopo stanza incontriamo docenti e maestri: come Alex, professore di Sassofono, che da Udine è venuto qui al Tchaikovsky a insegnare. Ha moglie e tre figli in Friuli e percorre l’Italia dividendosi tra affetti e lavoro, ma la musica, che costruisce ponti fra gli umani, anche per lui è un destino e quando è a Nocera sa che si trova nel cuore pulsante di una storia più grande di responsabilità, così come Filippo Arlia intende il suo lavoro di musicista. Nel quale emozionarsi e produrre emozioni è necessario.
Così è stato in questo mese del MedRadioFest con il ricco programma di concerti dedicati a Gabriel Faurè, a Giovanni Sgambati, a Darius Milhaud, con tante sonate di musiciste e musicisti in trio tra violino, violoncello e pianoforte, in quintetto per pianoforte ed archi, in nonetto per archi, e suite per clarinetto, violino e pianoforte, sonata per flauto, oboe, clarinetto e pianoforte, segoviana con chitarra e l’opera in un atto con Musica di Raffaele Cacciola nel “Viaggio del capitano Fondacaro”. E poi, nella penultima perfetta serata del festival, con la musica nell’aria e nella pelle,e la sensazione che tutto sia bello e possibile, il mondo di Astor Piazzolla con la sua «passionalità feroce» che si addentra nei sobborghi dell’anima, come ha ricordato Silvia Mezzanotte, voce regina del “conjunto electronico” in scena con il bandoneon di Cesare Chiacchiaretta (un abbraccio amoroso quello del maestro con lo strumento per elezione del tango, vivo tra le sue mani), il pianoforte virtuoso e l’organo Hammond di Filippo Arlia (le mani sapienti a dividersi tra i due strumenti per far suonare i pensieri), il sofisticato violino, creatura del giovane talentuoso maestro Andrea Timpanaro, lo sferzante basso elettronico di Antonio De Luise, la batteria che amplifica le emozioni di Glauco Sabatini, il Pad e le tastiere elettroniche di Filippo Garruba, un valore aggiunto all’incontro di sonorità. Una sfida del maestro Arlia che mette la sua formazione classica a confronto con la sperimentazione del jazz e con Piazzolla, studiato da quindici anni («perché – dice – il mio migliore amico aveva un bandoneon»), e i cui spartiti dimenticati ha riletto con rigore filologico.
E una sfida è stata anche quella della Mezzanotte, convinta da Arlia a “lasciare” per un po’ «il pop da cui proviene – ha detto – per gettarsi dentro questo pozzo di passione» e ritrovarsi dentro l’umanesimo del tango nuevo di Piazzolla, poesia in musica e versi scritti da Horacio Ferrer: tra gli altri brani «Adiós Nonino» e «Libertango», «Maria de Buenos Aires» e «Oblivion», che lei ci ha restituito con emozione facendo rivivere con il racconto e con il canto la Buenos Aires degli anni ‘60/70 con la sue contraddizioni di cui la María della “operita” è metafora.
Nelle stanze della musica si ascolta e ci si ascolta, e i classici, tutti i classici bisogna farli parlare, anzi vibrare; e Bach ci ha “parlato” vibrando attraverso la giovane Orchestra Filarmonica della Calabria (anche qui fermento ed entusiasmo dietro le quinte) che ha eseguito impeccabilmente i Concerti integrali per Violino diretti dai primi violini Ettore Pellegrino (il violino e il maestro, una sola emozionante cosa) e Andrea Timpanaro e dall’oboe di Beatrice Spinelli.

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