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Persia Felix: l’arte del tappeto persiano in una Brescia da... Mille e una notte

Fino al 14 luglio al MITA la mostra curata da Giovanni Valagussa

Dici Persia, e già sei nella magia, nella grotta di Ali Baba. Se aggiungi Felix, l’incanto delle Mille e una notte ti ha oramai stregato. Brescia, città diventata leader per la ricchezza di eventi culturali, vi si era già avventurata lo scorso anno, con la mostra di MITA – Museo Internazionale Tappeto Antico- “I nodi del giardino del paradiso”, titolo malandrino che ti fa saltare sul primo treno disponibile. Quest’anno, in collaborazione con la Fondazione Tassara (Elisabetta Raffo, Brescia), la Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica (Marco Galateri, Genova) e con Nur Islamic Metalworks Collection (Milano), MITA propone –fino al 14 luglio- Persia Felix, Tappeti, metalli e miniature delle antiche città a cura del professor Giovanni Valagussa.
MITA, ( in lingua quechua significava un servizio pubblico obbligatorio nella società dell’Impero Inca), traduce anche nel format delle attività espositive una originalità che si prefigge di valorizzare lo straordinario patrimonio dell’arte islamica , esteso dalle Colonne d’Ercole fino alla Cina, e di rendere fruibile il suo ruolo fondamentale .
Eccoci allora sul tappeto volante pronti a partire per la Persia Felix. Il tappeto è da sempre l’elemento più iconico del favoloso Medio Oriente (la Fondazione Tassara si vale qui della eccezionale collezione donata da Romain Zaleski): circa 40 manufatti. Originariamente venivano realizzati per ornare palazzi e dimore di altro rango, creazioni immaginifiche spesso elaborate sul tema del giardino. Intrecci di tessuti di seta e lana diventano rami, alberi, stagni e ruscelli abitati da un bestiario fantastico. Orsi, giaguari, cammelli, cavalli, daini, tori e leoni che azzannano un toro e persino si riesce a scoprire con sorpresa un gatto (?) a cavallo di un cammello intento, si direbbe, a leccare un gelato! Tutti insieme, raccontano storie della grande letteratura persiana. Non solo nell’impostazione, nel disegno, nel colore ma quasi in ogni nodo. Tappeti con un alto bordo geometrico o fiorito ed un campo centrale dove si concentra il tema del manufatto. Tappeti che hanno una direzione “di lettura” (cioè una base da cui guardarli) come quelli “di preghiera”, destinazione suggerita di solito da una cupola di moschea.
In mostra, desta grande ammirazione un frammento di tappeto Kirman: tripudio di fiori coloratissimi dalle proporzioni gigantesche e la zona centrale occupata da disegni geometrici , strisce sghembe di scrittura araba composta da dettagli geometrici e naturalistici tipici della produzione di Kirman, nel sud della Persia safavide, evoluta in particolare tra il 1501 e il 1736, una sorta di Rinascimento persiano.
È in questo periodo che ebbe luogo un viaggio diventato celebre grazie ai volumi di Jean Chardin (1643-1713) ”Voyages de monsieur Chardin en Perse et autres lieux de l’Orient” considerati tra i documenti più attendibili sulla società orientale dell’epoca. Un esemplare del 1686 con disegni di Grelot, è esibito in mostra. Gli è stato dedicato un video di Wladimir Zalesy con musiche di Zöj, duo australiano –persiano che produce musica contemporanea. Sul viaggio di Chardin, dalla mitica Isfahan, da dove provengono i tappeti fioriti a giardino, ci spostiamo a Heritz, con i suoi tappeti geometrici in seta, a Kirman che sviluppa una decorazione vegetale più essenziale, fino a Tabriz con il suo gusto più geometrico, che si avvicina a quello del Caucaso.
Ovunque, anche in mostra, si avverte la presenza dell’acqua, elemento fondamentale nell’ Islam (l’Alhambra non dice niente?) che fa intuire momenti di attività quotidiana. Qui, brocche e un bacile ottagonale dalle decorazioni ricchissime e fluenti, a ghirigori e arabeschi (appunto) la evocano perentoriamente. Né mancano spunti umoristici, come quella lampada a olio zooforme : una lepre dalle lunghissime orecchie aguzze (indiscreto testimone di discorsi privati?) o la maniglia con fattezze leonine che avrebbe l’obiettivo di scoraggiare ospiti non graditi.
Nel percorso, tra gli oggetti preziosi di materiali diversi ( tessile, metallo o carta) spicca l’ uso straordinario del colore, e l’evidente capacità degli artisti di adeguarsi anche a stili più recenti fin quasi all’Art Nouveau, con trionfi naturalistici simili a voliere multicolori allietate da centinaia di inaspettate presenze zoomorfe (la figura umana, si sa, non è consentita).

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