Domenica 22 Dicembre 2024

“La”... Miles Gloriosa in scena da giovedì a Siracusa per l’Inda

«La commedia ha dei canoni di comicità che sono troppo diversi rispetto a quelli che abbiamo noi oggi. Infarcita di battute che alludono a qualcosa che oggi neanche percepiamo. Quelle battute le devi trasformare in situazioni che possono creare lo stesso cortocircuito che c'era duemila anni fa fra attore e spettatore. Ci sarà la follia di assistere a cose paradossali che faranno ridere credo, spero, mi auguro». Il regista Leo Muscato vive l’ansia della prima. Non la prima volta al teatro greco di Siracusa, essendo reduce dal successo dello scorso anno con «Prometeo Incatenato», ma l’ansia della prima commedia, «Miles Gloriosus» di Plauto, che non è mai stata rappresentata nell’antica cavea. La terza produzione Inda di quest’anno debutterà giovedì con un cast tutto al femminile con protagonista Paola Minaccioni. Sul palco Giulia Fiume, Alice Spisa, Pilar Perez Aspa, Francesca Mària, Gloria Carovana, Arianna Primavera, Ilaria Ballantini, Deniz Ozdogan, Anna Charlotte Barbera, Valentina Spaletta Tavella; Elena Polic Greco (capo coro), ed il coro Ginevra Di Marco, Sara Dho, Alessandra Fazzino, Valentina Ferrante, Diamara Ferrero, Valeria Girelli, Margherita Mannino, Stella Piccioni, Giulia Rupi, Rebecca Sisti, Silvia Valenti, Irene Villa, Sara Zoia. «È una sfida far ridere al teatro greco e raccontare una storia che possa avere un senso per lo spettatore di oggi. Devi creare una macchina teatrale che metta lo spettatore nella condizione di essere continuamente sollecitato». Quale il punto di partenza? «La riscrittura non può che avvenire attraverso una riscrittura scenica piuttosto che testuale. Devi trovare la possibilità di aggancio al nostro mondo contemporaneo. Noi l'abbiamo fatto andando a scavare dentro alle trame nascoste del testo, dentro al non detto e alla situazione che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente. Viviamo in un mondo in cui la guerra è dietro l’angolo, la vediamo rappresentata tutti i giorni nei telegiornali, nei talk show, in tutti i podcast. E nella commedia siamo in un mondo militare: ci sono dei militari, oppure servitori di militari, oppure prostitute. Ci sono soldati che si affannano h24 ad allenarsi ad una guerra che non ci sarà. È nell'aria la guerra, ma di fatto non viene rappresentata». La scenografia è semplice, ma molto colorata... «Siamo in un campo militare, con tende mimetiche, divise militari: la differenza è che siamo all'interno di di una commedia, una cosa più vicina al mondo del clown che al mondo della tragedia. Queste tute mimetiche sono gialle, rosse, hanno quasi colori fluo, perché è un mondo dentro cui è possibile far accadere qualunque cosa. Abbiamo aggiunto un coro di 40 donne che nel testo non è previsto, ma è un coro necessario per raccontare la vita di un campo militare. La scenografia di fatto sono le persone, tutte le azioni che fanno, che raccontano una vitalità pazzesca». Una commedia in cui si ride e si piange... «Questa è una storia di abuso di potere. C'è uno che, per sua stessa ammissione, è il nipote di Venere e di Marte, ed è come se fosse raccomandato dal ministro della giustizia e dal comandante generale dell’Arma. Ed è inadeguato a dirigere un campo. È un addestramento inutile, perché siamo in un favoloso mondo, quello del teatro, in cui le guerre non esistono più. E lo spettatore capisce che è una persona inappropriata, che probabilmente per tutta l'esistenza ha subito bullismo e adesso c'è un momento di rivalsa. E tutti quelli che sono stati bullizzati alla fine diventano dei carnefici, anche abbastanza feroci. Sul finale empatizzi con lui perché ti accorgi che è una vittima. E per come lo sta interpretando Paola Minaccioni, per quanto questo personaggio del Miles sia protagonista di tanti gesti efferati, cominci a volergli bene». Perché questa lettura con soltanto interpreti femminili? «Il testo ci va giù duro verso la donna. Cosa succede se queste parole vengono dette da donne che possono ironizzare sulla loro condizione femminile? Sembra che il Miles abbia fatto un casting per scegliersi queste sue soldatesse, immaginando un harem che gli si ritorcerà contro diventando il braccio armato di Palestrione, regista che mette in campo le due beffe allucinanti. E avere queste donne è un'esperienza estremamente significativa, perché le donne quando si uniscono e lavorano insieme davvero riescono a procurare un'emozione che è difficile da spiegare». Ci sarà un uomo che ha contribuito allo spettacolo... «Caterina Mordeglia ha scritto una traduzione pazzesca, che restituisce la classicità del testo ma con un linguaggio contemporaneo. E poi durante questo inverno ci sono state quelle cento telefonate con Francesco Morosi: con lui c'è stato uno scambio di idee, di pensieri, le tante cose che dal testo non si evincono. Non dimentichiamoci che è un testo latino romano ambientato in Grecia: noi siamo ad Efeso ed i personaggi arrivano da lontano, arrivano da Atene. I romani ridevano dei greci, perché Plauto non poteva ambientare quelle storie nel suo mondo contemporaneo perché ovviamente non si poteva avere un capo romano bullizzato».

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