Certo che il giallo siciliano è veramente un territorio, anzi un giacimento senza fondo. Ed è un po’ come la cucina siciliana, dai tanti cuori e dalle tante risorse. E, infatti, in una delle cento cucine siciliane si trova perfettamente a suo agio il commissario Antonio Indelicato, “Nenè” per tutti, creatura tutta nuova, ma sicuramente con un buon futuro, balzata fuori dall’immaginazione di Gaspare Grammatico, nato a Trapani, ma ormai stabile tra Torino, dove vive, e Milano, dove lavora come autore tv ed è da anni nella squadra del programma televisivo di «Fratelli di Crozza». Il commissario Indelicato che ha esordito insieme al suo autore in «Una questione d’equilibrio» (Mondadori, finalista al Premio Fedeli e al Premio Erice), ritorna in «Le spine del ficodindia» (Mondadori), seconda avventura della serie che, come ci anticipa Grammatico, sarà seguita da un terzo romanzo, in cui ci saranno ulteriori disvelamenti della vita di questo personaggio. Malinconico e innamorato della sua Trapani, dedito al dovere professionale come a quello di padre single dell’adolescente Sara, appassionato di cucina e di libri (due cose che assapora con gusto), Indelicato ha quel tratto di “pulizia” che Vice, il commissario sciasciano di «Il cavaliere e la morte», associa «infantilmente a polizia». E così Nenè quando si ritrova di fronte al crimine, come nel primo romanzo con un famoso enologo barbaramente trucidato nella cantina della sua villa, e nel secondo romanzo con efferati delitti di cui sono vittime giovani donne, ne viene turbato, soprattutto se il male si mescola quasi “naturalmente” alla fatica di affrontare le difficoltà e le insoddisfazioni quotidiane. Così, mentre va avanti nelle indagini Nenè cerca sempre di capire quale sia il punto oltre il quale una persona – forse anch’essa vittima del male – si trasforma in assassino. E in questo è aiutato, oltre che da un meticoloso medico legale, dalla sua vice Salvina Russo, complementare di Nenè («a lei – dice Grammatico – ho dato il dono della battuta»), sempre pronta a stemperare la tensione e a dare una dritta al suo capo quando percepisce, con intuito femminile, che è distratto da pensieri e dubbi. Sullo sfondo delle storie, i cui diritti cinematografici sono stati opzionati da Bibi Film (società che ha coprodotto «Le indagini di Lolita Lobosco»), s’impone la geografia amorosa di una Trapani che Indelicato vive ogni giorno, di cui assapora i profumi di mare, di pesce e di basilico. E sarà Trapani la città d’elezione dalla quale è iniziato in prima nazionale dal 7 giugno il tour di presentazioni che toccherà tante tappe della Sicilia tra giugno, luglio e agosto. Dopo il suo esordio, Indelicato ritorna, uguale e cresciuto. «Sì, è cresciuto perché cresco io come scrittore, anche se è sempre quel commissario bravo ed empatico, attento a tutte le persone, specie quelle semplici. Ho iniziato questa avventura in cui mi sono rifugiato perché scrivere per la comicità, che è quello che faccio regolarmente, è particolarmente complesso e faticoso. Significa scrivere cinque o sei cartelle dove ogni rigo e mezzo c’è una battuta che non deve essere stata detta, e deve avere un senso. Scrivere gialli era un modo di prendermi una vacanza. Da lettore sono stato da sempre appassionato di gialli, in particolar modo di Ellery Quinn». Ma come è nato Indelicato? «Nulla a che vedere coi personaggi che vanno a trovare l’autore: a me è successo il contrario, è nata prima la storia poi il personaggio. Ho sempre avuto nella testa nuove storie, e tra queste continuava ad insistere quella che fa riferimento al primo romanzo, però a questo punto mancava il personaggio. E così io che sono stato sempre un grandissimo osservatore, per professione e per indole, e ho catalogato nella mia vita un mare di “materiale umano”, ho guardato qualsiasi sfumatura di carattere, atteggiamenti, difetti, pregi, delle persone. Ma quando ho iniziato a scrivere la storia mi sono arenato perché io questo personaggio non lo conoscevo, allora sono partito necessariamente da me, poi non ho fatto altro che aggiungere e migliorare delle cose che magari avrei voluto avere io». Ma perché ancora un commissario? «Io non credo nel detective per caso, credo che anche nella finzione la detection debba essere fatta coerentemente. Scrivere di un commissario è sicuramente più difficile perché c’è il rispetto di certe regole che non danno quella libertà di movimento che darebbe qualche altro detective improvvisato. Un commissario indaga con il supporto della scientifica, della polizia postale, e deve muoversi in un certo modo». La grande protagonista dei tuoi libri è Trapani, che forse mancava nella ricca geografia del giallo siciliano. Una scelta affettiva? «Il luogo, secondo me, è fondamentale per raccontare una storia. Io conosco bene Trapani, anche se vivo tra Milano e Torino. Ma la bellezza di Trapani, questa bellezza ancora selvaggia, io avevo voglia di raccontarla in tutti i modi: una bellezza dei luoghi, del cibo, della gente, della vita, da opporre alla bruttezza del crimine. Le “spine del ficodindia” sono anche quelle sottili che s’infilano nelle carni, così come fa il male: Nenè subisce questa cosa, ne esce quasi sconfitto ma resiste. La conclusione delle sue indagini non è mai consolatoria. Raccontare questi contrasti per me era particolarmente interessante». Indelicato ama leggere e ama la cucina trapanese: due cose che si assaporano, si gustano. «Cibo e libro, corpo e mente. Per l’ “illuminista” Nenè i libri sono parte della sua quotidianità, e il cibo, ripetere il rito delle ricette di suo padre, tipiche della nostra cucina, è anche memoria del padre, ripensarlo in cucina anziché al cimitero. E comunque, per me è un atto d’amore per la mia terra, ho bisogno di sentirne il sapore anche da lontano e di assaporarla di presenza quando ritorno».