Felici e infelici a modo loro sono Étienne e Vive, una coppia parigina, «solida» e «tranquilla» come tanti, con anni di convivenza collaudata, con abitudini e rituali consolidati. Sono loro i protagonisti di «Lo spessore di un capello» (Neri Pozza Bloom, traduzione di Roberto Boi), della scrittrice e saggista parigina Claire Berest, pronipote della musicista e scopritrice di talenti Gabriële Buffet Picabia (moglie di Picabia, amante di Duchamp, amica tra gli altri, di Apollinaire) che svolse un ruolo importante nella storia dell’arte del primo ventennio del XX secolo e alla quale la Berest con la sorella Anne ha dedicato il libro «Gabriële».
La Berest entra nella vita di Étienne e Vive, registrando i movimenti minimi, i piccoli sconvolgimenti di abitudini nell’organizzazione degli spazi di libertà condivisi fino a un certo punto. Étienne è un correttore di bozze metodico, lavoro che con una certa frustrazione affronta ogni giorno in una casa editrice dove tutto è modernizzato: il suo lavoro è apprezzato ma le sue incursioni talora pesanti sui testi sui quali lavora a volte sono eccessivi. Sicuramente il suo grande progetto sarebbe quello di scrivere lui un romanzo, intanto si accontenta di gustare con Vive i concerti di musica classica e di dividere con lei un trilocale parigino lasciato in eredità dalla madre. Lei è una fotografa freelance con piccoli progetti creativi: solare e piena di interessi incontra Étienne che conosceva da bambina e finiscono per innamorarsi, o, perlomeno, per crederlo.
Ma dopo alcuni anni quelle abitudini “consolidate”, il concerto il martedì sera, le vacanze sempre in Italia, i gesti ripetuti causano insofferenza in Vive. Per lui, invece, che è quel tipo di persona che non pare protagonista neanche della propria piccola storia e sembra essere sempre in attesa di qualcosa di più grande, è doloroso scoprire che Vive è capace di scelte diverse: nella sua idea fissa di un patto d’amore, «Étienne aveva l’impressione che fossero stati fabbricati insieme loro due, in modo che ognuno cadesse nelle voragini dell’altro». Ed è così che assieme alle sue tristezze segrete un rancore sordo cova giorno per giorno mentre le piccole libertà di Vive, la sua affermazione di protesta verso certe costrizioni della quotidianità diventano insopportabili per Étienne, fino a quando un giorno quell’uomo «innamorato» e «tranquillo» uccide la moglie con 37 coltellate.
Ciò che fa scattare il passaggio all’atto criminale, come riportato in esergo del romanzo dalla Berest, ha spesso «lo spessore di un capello», secondo la famosa definizione di Étienne de Greef, ricordata dallo psicanalista Daniel Zagury. E allora sì che per quel malinteso amore si cade nella voragine del male.
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