Emoziona, Roberto Vecchioni, come da sempre ha abituato i suoi numerosi fan nella sua ormai lunghissima carriera, da cantautore e paroliere ma anche da scrittore e da poeta. In realtà, le diverse sfaccettature artistiche del professore Vecchioni, a sentirlo conversare nel gremito Chiostro di San Domenico a Lamezia, appaiono perfettamente uniformi sotto l’insegna della delicatezza e di quel ruggente spirito da vero umanista che lo contraddistingue in tutta la sua opera, musicale e letteraria.
Dopo il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, il celebre cantautore ha presentato anche al Museo Archeologico Lametino il suo ultimo libro, «Tra il silenzio e il tuono», uscito a febbraio per Einaudi e già da molti considerato come il suo più intimo e struggente romanzo. Un libro epistolare per una storia che si dipana dal punto di vista di un giovane ragazzo e da quello del nonno avvolto nel mistero. Ed è il primo dei due, in particolare, a raccontare la storia di una vita attraverso lettere scritte in alcuni momenti fondamentali della vita, in un accorato e sentito percorso di crescita, mentre le lettere scritte dal nonno sono indirizzate sia ad amici che a persone immaginarie. «Con gli amici veri lascio largo spazio all’immaginazione – scrive lo stesso Vecchioni in una nota – con i personaggi immaginari è in gioco solo la verità».
Nel pomeriggio al museo il professore (anzi, come lo chiama Gramellini nella fortunata trasmissione su La7 “In altre parole”, di cui Vecchioni è una colonna) si è innanzitutto soffermato sulla Calabria e sulla forza dei calabresi, collegandosi direttamente alle origini greche ma non soltanto: «Le prime colonie greche son calabresi, gli achei, e tra i primi popoli più tosti c’erano i Brettii, o Bruzi. Lamezia poi è nel mio cuore per tante ragioni, anche per questo sforzo incredibile di avere sempre la forza di rialzarsi, nonostante le cose contrarie, nonostante le cose negative». E poi l’appunto sulla natura del “classico”, come concetto cioè che non si pone al contrario di “moderno”: «Classico significa “per sempre”, una cosa che non muore mai, esiste sempre, lo leggiamo e quindi deve rimanere così».
Come a Reggio, anche l’incontro di Lamezia, come hanno sottolineato l’archeologa Stefania Mancuso, la direttrice del museo lametino Simona Bruni e il direttore Drm Calabria, si inserisce dunque nell’ampia mission che i musei perseguono in ottica di valorizzazione e di apertura verso il territorio. «È la sfida più grande che tutti i musei hanno – ha ribadito Stefania Mancuso – quella di andare incontro a un pubblico nuovo». Su “Tra il silenzio e il tuono”, invece, Vecchioni lo dice da subito: «Sono io che scrivo a me stesso», nella suggestiva ed emotiva forma delle lettere che diventano i codici per interpretare ancora una volta il senso duale della vita, lo stesso che il cantautore ha sempre tenuto ben in conto anche nella sua ampia produzione musicale. «Basta con la storia che bisogna sempre godere nella vita – dice – , esiste anche il dolore, ci si può convivere ma senza dargliela mai vinta. Scrivendo mi ero dimenticato del dolore, di quelle cose che quando si vivevano sembravano la fine del mondo. La bellezza della vita è accettarla tutta, così com’è». Da qui, dunque, i «due sensi dell’esistenza» per Vecchioni: i silenzi, cioè i momenti della consuetudine, i momenti per riflettere, per stare tranquilli, nelle cose di tutti i giorni, e dall’altro lato il tuono, cioè «il continuo aggrovigliarsi dell’esistenza, la fatica che fai per capire, per lavorare, per andare avanti, la fatica per farti capire da chi è contrario a te. Ognuno di noi ha dentro di sé silenzi e tuoni».
Grande successo di pubblico Vecchioni aveva avuto anche al Museo di Reggio Calabria, sempre con l'archeologa Mancuso e con i saluti istituzionali del direttore del museo Fabrizio Sudano. Occasione, così, per una felice visita anche ai Bronzi di Riace, davanti ai quali un Vecchioni commosso dalla bellezza fulgida delle statue, ha sussurrato: «Sembrano respirare...».
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