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Zucchero, ci racconti tutto di te? Il cantautore, stasera in concerto a Messina, risponde ai nostri dieci lettori

In dieci (su quasi 500 mail arrivate) hanno vinto la possibilità di andare al concerto e incontrare Zucchero in un meet & greet che si svolgerà prima dello show.

E' praticamente finita la grande attesa per il concerto di stasera di Zucchero allo stadio "Franco Scoglio" di Messina. E come ogni anno Gazzetta del Sud ed RTP hanno regalato una grande sorpresa ai lettori e ai telespettatori con il concorso «Indovina la domanda». In dieci (su quasi 500 mail arrivate) hanno vinto la possibilità di andare al concerto e incontrare Zucchero in un meet & greet che si svolgerà prima dello show.
Ecco le domande vincitrici e le risposte di Zucchero.
Proviamo a sognare… Hai la possibilità di far tornare indietro una persona che non c'è più… non puoi scegliere un tuo familiare o una persona a te cara ma pensa ad un grande uomo o una donna del passato, qualcuno che può dare un contributo con la sua saggezza, il suo saper fare! (Patrizia Barbuto)
«Tutti gli artisti e amici che ho incontrato: da Luciano Pavarotti, a Jeff Beck, Pino Daniele, BB King, Dolores O’Riordan…».

Caro Zucchero, la tua musica ha attraversato generazioni e confini, mescolando blues, rock e melodie italiane. C’è un elemento della tua eredità musicale che consideri più importante o che spereresti che il pubblico ricordi di più nel tempo? (Mario Salvatore Macrì)
«Direi le mie canzoni, perché rappresentano il mio viaggio musicale e personale. Ho sempre cercato di creare un ponte tra il blues, il rock e le melodie italiane. Spero che continuino a risuonare nelle vite delle persone, a dare loro conforto, gioia e ispirazione, proprio come hanno fatto per me».

Nella canzone «Diavolo in me» hai affrontato il concetto dell'esistenza del bene e del male nell'essere umano e nell'animo umano. Quante volte e in quale forma, nella tua carriera lavorativa di artista e nella tua vita, si è presentata la dualità del bene e del male e quale ha seguito di più, il bene o il male? (Alessio Clemente)
«Mi sono sempre divertito a giocare con il “male”, inteso come quella parte ribelle e audace che è in ognuno di noi. È questo il lato "diabolico" che ha alimentato la mia musica. Ma questo gioco con il male è sempre stato bilanciato da un profondo senso di spiritualità, rappresentato dall'amore per la musica, dal desiderio di creare qualcosa di bello e significativo e dalla volontà di mandare dei messaggi».

Le tue canzoni sono state la colonna sonora della mia adolescenza. Quanti ricordi felici e quante lacrime consolate dalla tua musica... Tu hai una canzone "preferita" (anche di altri artisti...) che ti suscita particolari emozioni, che ti ricorda un particolare momento? Grazie a te che in questo pazzo mondo riesci ancora ad emozionarci! (Maria Acquaviva)
«“Dune Mosse” è una delle prime canzoni che ho scritto ed è il primo esempio riuscito di far convivere insieme il ritmo e i suoni della musica afroamericana con la melodia italiana».

Secondo te, dopo tanti anni, solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall'azione cattolica? (Pasquale Soraci)
«Sì, dopo tutti questi anni penso ancora che solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’azione cattolica. Io non dico di non essere credente, ma dico che c'è qualcosa di superiore. Da piccolo avevo un patto con don Tagliatella, il parroco di Roncocesi, che mi permetteva di suonare l’organo in cambio di servire la messa come chierichetto».

La sua musica si è estesa oltre i confini nazionali grazie anche alle numerose collaborazioni con artisti internazionali del calibro di Bryan Adams, Miles Davis, Sting, Eric Clapton, Joe Cocker, Peter Gabriel, Paul Young, solo per citarne alcuni. Particolare quella con Bono, che culmina con «Streets of Surrender», un vero e proprio inno alla libertà dopo gli attentati terroristici di Parigi, che Bono scrive per lei. Come nasce quell'idea e come nasce il rapporto di amicizia con Bono, uno dei frontman più iconici della musica di tutti i tempi? Può raccontarci un aneddoto della vostra amicizia? (Massimo Silipigni)
«Ci conosciamo dai tempi di Miserere, la casa discografica voleva una versione inglese di quel brano. Per interpretarla, venne fuori il nome di Bono. Rimasi sorpreso. Qualche giorno dopo mi arrivò un fax, che conservo ancora oggi incorniciato, in cui Bono mi scrisse che “Miserere” lo faceva impazzire e che avrebbe provato a scrivere l’adattamento in inglese. In quel fax c’era anche il suo numero di telefono con una frase bellissima: “io parcheggio la mia macchina sempre nello stesso posto”. Come a dire che era sempre rintracciabile. Da lì è iniziata la collaborazione».

Quale consiglio daresti oggi all’Adelmo giovane, bello e talentuoso di qualche anno fa? (Marcella Retto)
«Gli direi di divertirsi, di non smettere mai e di perseverare, anche se la strada può essere difficile e piena di ostacoli».

Il cappello è un elemento fondamentale nei tuoi look, tanto che hai detto di possedere una collezione di diverse centinaia di cappelli. Ci sono cappelli nella tua collezione che sono stati donati da amici, fan o qualcuno di importante? Ce n'è qualcuno in particolare che ti lascia un ricordo speciale? (Giovanni Greco)
«Tra i tanti cappelli che possiedo, ce n’è uno proveniente dal film "Gangs of New York" che ho trovato in un negozio di messicani a Los Angeles. È un pezzo unico che porta con sé il fascino del cinema e della storia che rappresenta. Da loro ne ho comprato uno che apparteneva a Bob Dylan negli anni ’70».

Se tu avessi la possibilità di una macchina del tempo c’è un momento/periodo/situazione particolare della tua vita passata che vorresti rivivere e magari cambiando o modificando qualcosa? Eventualmente cosa e perché. (Pino Giorgianni)
«Vorrei rivivere il Freddie Mercury Tribute nel 1992. Stavo malissimo. Attacchi di panico fortissimi, cose che non auguro a nessuno. Non me la sono goduta. Vorrei riviverla con uno stato d’animo completamente diverso».

Qual è la cosa più semplice che ti rende felice? L'ultima volta che sei stato felice? (Ignazia Ventura)
«La musica, il palco. Sempre».

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