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L’AI e il patrimonio audiovisivo. Progetti di riscoperta e valorizzazione che riguardano la Sicilia

Intervista a Monsignor Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione Memorie Audiovisive del Cattolicesimo. Secondo il presule «il nuovo strumento apre una sfida globale nel campo del restauro, ma non può e non deve modificare la natura dei materiali originali»

Dai più recenti studi sulla dicotomia memoria-media, tema sempre più centrale dei cosiddetti memory studies, emergono le linee di una vera e propria urgenza culturale volta allo studio, alla valorizzazione e alla preservazione del patrimonio storico audiovisivo e di quello documentale ad esso collegato, soprattutto relativo al cattolicesimo. Si tratta di dare una risposta alla sollecitazione di Papa Francesco che ci invitava a «fare di più su questo fronte» per proteggere queste fonti che sono ormai diventate – diceva il pontefice – «documenti dal carattere intrinsecamente universale perché trascendono i confini linguistici e culturali, e possono essere compresi con immediatezza da tutti». Si fa sempre più pressante, dunque, la necessità di incentivare progetti di recupero e restauro che considerino anche le nuove tecnologie come uno strumento prezioso da mettere a disposizione della ricerca più propriamente accademica.

Monsignor Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione Memorie Audiovisive del Cattolicesimo e membro del Board di HD Forum, l’associazione nata per promuovere, sostenere e diffondere l’uso di contenuti televisivi e multimediali in Alta Definizione, Ultra Alta Definizione e altre soluzioni audiovisive evolute, si sta muovendo proprio in questa direzione e lavora ormai da tempo utilizzando le sue competenze accademiche e tecnologiche per trasformare in un patrimonio condiviso le storie della Chiesa e dei suoi papi, non necessariamente remote.

Quale è il senso profondo di questo lavoro sul patrimonio audiovisivo? Serve ad aiutarci a ricostruire gli eventi del passato o è anche un nuovo sguardo sulla contemporaneità?
«I documenti audiovisivi danno oggi modo di rileggere il Novecento attraverso nuovi e originali sguardi di indagine che ci permettono di rispondere a una sfida conoscitiva certamente complessa e in pieno sviluppo e di rinnovare il nostro sguardo interpretativo mostrando come questo campo abbia ancora una enorme e inespressa potenzialità culturale. Proprio per questo motivo è emersa con sempre maggiore chiarezza la necessità di un nuovo approccio volto a intrecciare sapientemente l’impianto culturalista e l’impianto storicista, per tenere insieme da un lato una grande attenzione alla documentazione di archivio, dall’altro un modello di lettura attraverso il quale si mettono invece al centro del discorso conoscitivo soprattutto le dinamiche di fruizione e gli studi sul pubblico. In questo senso passato e contemporaneo dialogano attraverso lo stesso metodo di analisi e permettono un’operazione di riscoperta ancora più urgente e necessaria visto che queste fonti si fanno sempre più rare: si calcola, per esempio, che solo per i film dell’epoca del muto siano andati persi circa 12 milioni di chilometri di pellicola: ciò che oggi è sopravvissuto è dunque soltanto l’1% del patrimonio un tempo esistente che ne aumenta, dunque, ancor di più l’importanza e l’eccezionalità. Dei veri superstiti della storia».

Passiamo al dibattito sui molteplici ruoli dell’Intelligenza artificiale. Lei la vede come un “pericolo” o una “opportunità” per la conservazione del patrimonio audiovisivo?
«Partendo dal presupposto che nel codice etico della International Federation of Film Archives, in merito a questo tema, è stato autorevolmente indicato come compito primario di chi conduce il restauro quello di «non cambiare o distorcere la natura dei materiali originali», va altresì sottolineato che quello delle nuove tecnologie “al servizio” del patrimonio audiovisivo è uno snodo centrale del discorso più attuale su questi temi. Se la conservazione è senza dubbio fondamentale, sia come punto di arrivo di buone pratiche di preservazione che come volano per una corretta valorizzazione, non bisogna tuttavia sottovalutare l’attività di restauro, anche per riscoprire alcuni tesori che si reputavano perduti. In questo senso il dibattito oggi incrocia necessariamente l’AI, strumento moderno che apre una sfida culturale globale nel campo del recupero degli audiovisivi del passato: ciò che viene generato da un’Intelligenza Artificiale, infatti, deve essere considerato un’opera anch’essa, più che una traccia dell’attività di preservazione e restauro. I processi avviati interpolando il segnale originale con i DATA SET dell’addestramento, generano artefatti che potranno essere più o meno organizzati in una immagine coerente, ma che con buona certezza devono essere comunque considerati come dei risultati del tutto originali. Insomma, bisogna essere consapevoli che questo “nuovo medium”, seguendo un modello statistico-matematico, ci permette di eseguire un’attività di restauro “percettivo” in cui ciò che viene generato deve essere considerato un’opera unica e, come tale, diversa da quella di partenza».

Una centralità del documento audiovisivo confermata anche dagli importanti investimenti che grandi realtà aziendali stanno portato avanti in questo campo.
«La nuova attenzione verso la documentazione audiovisiva è stata intercettata anche da aziende italiane che puntano su immagini, fotografie e filmati per valorizzare il loro brand e la loro storia istituzionale, letta anche in relazione agli eventi storici. Si tratta di un approccio che ha portato alcune delle realtà più importanti del nostro Paese – come Eni, Italgas e Trenitalia, per fare solo pochi esempi particolarmente significativi – a condurre progetti di riscoperta del proprio patrimonio audiovisivo, spesso con ampie campagne di digitalizzazione che permettono una democratizzazione del sapere e un più agile lavoro di studio aperto ai ricercatori di tutto il mondo. Storia aziendale e ricerca accademica si intrecciano così grazie alla preziosa lungimiranza di queste istituzioni».

Progetti di riscoperta e valorizzazione che riguardano anche la Sicilia?
«Mi dilungo su questo punto per descrivere come il nostro sguardo di indagine si sia soffermato negli ultimi tempi anche su questa realtà. Riguardo questi temi, l’elemento che caratterizza la Sicilia e, più in generale, il Sud Italia è una forte e profonda componente di pietà popolare che emerge come profondamente radicata nelle tradizioni locali. In particolare, in Sicilia si contano diverse donne che hanno attraversato la soglia della santità – si pensi alle figure storiche di Lucia, Agata e Rosalia – e una preziosa storia di devozione alle Madonne, con i molti santuari disseminati in tutto il territorio regionale, sia orientale che occidentale. Da questa constatazione emerge la volontà di avviare quanto prima una ricerca sulla cultura visiva attorno al binomio Donne&Madonne: andare cioè a mappare l’esistenza di documenti audiovisivi che riguardino le processioni, immagini, rappresentazioni iconografiche, bollettini di vario genere, che siano di aiuto per comprendere un fenomeno molto particolare che è innestato a doppio filo nel tessuto profondo della società. Un progetto che permetterebbe di comporre una rete virtuosa tra entità accademiche – con l’Università Uninettuno e il Centro di ricerca Cast capaci di dialogare con gli atenei presenti sul territorio regionale – e la fondazione Memorie Audiovisive del Cattolicesimo, con il suo gruppo variegato e multidisciplinare di ricercatori.
Personalmente, infatti, ho un ricordo molto positivo della Sicilia che mi riporta alla mia attività di regia nella produzione – condotta insieme a Luca Salmaso – per Canale 5 delle nove puntate dal titolo Il discorso della Montagna, storie di Beatitudine prodotte da Officina della Comunicazione con don Marco Pozza. In questo lavoro ho potuto davvero contare sulla grande disponibilità, professionalità – in particolare mi torna in mente la capacità della bravissima attrice Giulia Fiume nella sua interpretazione dei testi di Giovanni Verga – e coinvolgimento che mi furono messi a disposizione, con il fondamentale coordinamento della squadra della Comunità di Sant’Egidio guidata dall’instancabile Emiliano Abramo. Il mio augurio personale, ma che stiamo seriamente cercando di condurre in porto, è che quest’esperienza di racconto si possa ripetere attraverso un grande progetto che questa volta sia non di produzione, ma di recupero di un patrimonio audiovisivo di grande importanza per la storia di questa Regione».

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