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Bell’esordio per il Cortile teatro festival di Messina: Quello che ci rende umani? «Giocare e cuntare»

«Schiaffettu», «A sdirruba muntagni», «ruba bannera», «a li cursi»: erano scritti tutti lì, nei biglietti sparsi a terra dal cuntista che lunedì ha aperto, con la sua voce potente, il tredicesimo Cortile Teatro Festival di Messina, forse la più travagliata ma certo la più creativa ed entusiasta: dopo il cambio dello storico “palcoscenico” (il cortile Calapaj-D’Alcontres) con nuovi spazi (come il cortile del Palazzo dei leoni), e l’importante sostegno del Comune di Messina alla benemerita iniziativa dell’associazione Il Castello di Sancio Panza, l’imprevista pioggia serale ha costretto i teatranti – la compagnia palermitana Babel – a riformulare la scena e i gesti, dimostrando una volta di più all’affezionato pubblico l’infinita creatività del teatro, la sua capacità di giocare a modellare gli spazi, anche interiori, e prendersi ogni scena.
In “Mutu cu sapi u jocu”, ideato e diretto da Giuseppe Provinzano è lui, il gioco, il protagonista: la cosa più umana, assieme al racconto. E questo il cuntista-narratore (Provinzano stesso), in scena con una perfetta marionetta che lo duplica nei dettagli, lo dice subito: «Iucari e cuntari», ecco cosa conta. Perché se «il cuntu in sé non cunta nenti», il cuntu ti permette di dire agli altri (che siamo tutti uguali, sembra dirci lo spettacolo, tutti fatti della stessa sostanza: cuntu e iocu) quello che ci passa dentro, «i vizi e i vezzi» universali. Così, a partire dalla frenetica e allitterante favola del «Re bafè biscott’e minè» – al centro dell’ispirazione della trilogia «P3-coordinate popolari», di cui lo spettacolo è la terza parte, c’è l’immenso etnologo siciliano Giuseppe Pitrè – siamo tutti presi e coinvolti nel gioco collettivo, che a un certo punto esplode nei mille “pizzini” che volano, ciascuno con scritto il nome d’un gioco antico, quasi sempre dimenticato, tra i quali si svolge la danza-cuntu dei bravissimi Federica Aloisio e Roberto Galbo (coreografie di Simona Argentieri, ambiente scenico di Pietra Trombini), che, infaticabili e plastici, mettono in scena infiniti frammenti di giochi che conosciamo comunque – che siano la morra o la cavallina, acchiapparella o rubabandiera – , che stanno nella nostra memoria collettiva, persino oggi che si gioca coi clic davanti a un video.
Danza-cuntu e dialogo col pubblico, un dialogo meravigliosamente fisico: mani che si tendono, occhiate che si scambiano, “pizzini” che vengono consegnati come quello che sono, doni preziosi del gioco collettivo che giochiamo stando assieme, in una piazza immaginaria, attori e pubblico, danzatori e spettatori, umani e umani. Mentre fuori piove (che beffa, la pioggia tanto attesa dalla Sicilia assetata), e il gioco diventa fare lo spettacolo in un cerchio più stretto, senza rinunciare alla sua energia, al suo modo di “cuntare” con tutto il corpo (che, come sapete, comincia dalle parole).
La bella rassegna, da un’idea del direttore artistico Roberto Zorn Bonaventura, Giuseppe Giamboi e Stefano Barbagallo col sostegno di Latitudini, rete di drammaturgia siciliana, e di benemeriti sponsor, è una cosa importante per la città e non solo. Si prosegue lunedì nel Cortile del Fortino Spagnolo, Parco Horcynus Orca di Torre Faro, con «La simpatia di tutte le cose», di e con Michele Sinisi.

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