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Per una «donna che fugge» ce n’è una che trova tutto. La nuova avventura di Petra Delicado firmata da Alicia Giménez-Bartlett

«In fondo siamo tutti perdenti, Fermín. Perdiamo le cose a poco a poco finché con la morte perdiamo tutto». È l’ispettrice Petra Delicado a parlare così, nella bella traduzione dallo spagnolo di Maria Nicola, al viceispettore, suo prezioso collaboratore Fermín Garzón, alla fine di un’indagine faticosa che la lascia intristita, pur dopo aver risolto il caso. In «La donna che fugge» (Sellerio), la più recente avventura della bella serie della geniale scrittrice spagnola Alicia Giménez-Bartlett (che nella serie tv italiana è ambientata a Genova con la magistrale interpretazione di Paola Cortellesi), quella che indaga nel mondo dello street food è sì la solita Petra, impavida, «testarda come un mulo», sempre pronta a tenere alto il «termostato dell’ironia», ma anche insoddisfatta, incline a riflessioni “filosofiche” e “sociologiche” come le dice Garzón, alla cui riserva di lapalissiana serenità priva di sovrastrutture Petra sa di poter attingere.
Dunque, uno chef viene pugnalato a morte mentre dorme nel suo food truck, uno di quei furgoni che vendono cibo di strada cucinato sul momento: un fenomeno di gran moda, come riferisce l’accorato socio e amico della vittima. Da qui inizia un’indagine che fa correre i due poliziotti di qua e di là per Barcellona, ma non pare avanzare, mentre dà a Petra e a Fermín, un «Buddha riverniciato di saggezza popolare iberica», il tempo di riflettere sul mondo del lavoro, sull’«antica superbia della casta dei giudici», sulle «rivalità tra le forze dell’ordine, una vergogna», sulla rabbia e la disperazione delle persone, e anche di fare considerazioni metanarrative sulle fiction nelle quali i crimini vengono velocemente risolti. E invece a Petra come al suo vice sembra di «seguire i meandri di un fiume lentissimo senza nemmeno avere la certezza che sfoci nel mare».
Il delitto non rimane isolato, altre morti e violenze si aggiungono, mentre si insegue una donna che sembra sfuggire a tutti, una femme fatale che è stata vista parlare con la vittima prima che morisse. Ma è lei veramente la colpevole? È lei la donna che fugge? In fondo tutti fuggiamo, come spesso fanno le donne – ha detto Alicia Giménez-Bartlett – quando «hanno un problema che potrebbe far soffrire chi le ama». E alle donne, all’intuito e al coraggio femminile va sempre la sorellanza femminista di Petra come di Alicia: «In fin dei conti – pensa Petra – , quello dell’intuito femminile è uno dei cliché meno fastidiosi in circolazione». Eppure, Petra, il cui eccesso di analisi a volte si rivela un punto debole, sa che l’intuito basta solo fino a un certo punto e che «bisogna accontentarsi della realtà senza pretendere di cercare la verità»: perciò i due spesso si regalano «compensazioni gastro-alcoliche» e per Petra che, tra le altre cose, odia i supermercati («un luogo sinistro da cui le viene voglia di scappare prima ancora di esserci entrata»), nulla come una buona birretta fredda, anzi gelata, alla storica cervecería Jarra de Oro, lenisce il senso di frustrazione e di fallimento nelle indagini.

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