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Scrutare il buio del crimine nel regno della bellezza in un altro affascinante capitolo delle storie “crime” di Yokomizo Seishi

Con i suoi romanzi dalle trame misteriose e dense di raffinata atmosfera giapponese, pubblicati negli anni Trenta in Giappone e oggi ripubblicati da Sellerio, Yokomizo Seishi (Kobe 1902- Tokyo 1981) ebbe un grande seguito di lettori come autore di crime story. Ma dire «crime story» è riduttivo per Yokomizo, definito peraltro il «John Dickson Carr nipponico», maestro di enigmatici gialli della «camera chiusa», e la cui prosa, con l’elegante traduzione di Francesco Vitucci, fa immergere in quel mondo fluttuante di impermanenza in cui, allo stesso modo della narrativa di Yukio Mishima o di Kawabata Yasunari, si è come «prigionieri senza scampo della bellezza».
Come in «Il detective Kindaichi e la maledizione degli Inugami», quinto dei romanzi editi da Sellerio (dopo «Il detective Kindaichi», «La locanda del gatto nero», «Fragranze di morte», «Il teatro fantasma»), una storia ambientata negli anni Quaranta in quel mondo in cui si sta zcome una zucca vuota che galleggia sulla corrente dell’acqua» (così recitano i versi di Asai Ryōi,1612-1691), un mondo in continua trasformazione, perché nessun attimo è uguale al precedente o al successivo. E nessun attimo è davvero uguale al precedente o al successivo in questa vicenda per la quale indaga Kindaichi Kōsuke, singolare detective dall’aspetto trasandato, dalla figura minuta e dai folti capelli scompigliati tra i quali mette spesso le mani quando riflette sui dettagli o ha un’intuizione.
L’orrore della morte pari alla serena bellezza della luna, della neve, dei templi, dei torii, di ciliegi e crisantemi e dei giardini zen, mentre in lontananza, al di là dei campi di gelsi, fa capolino la punta innevata del monte Fuji, avvolge Kindaichi al suo arrivo sul lago di Nasu, nella regione di Shinshū. Lì si sta svolgendo la veglia funebre di Inugami Sahee, fondatore di un vasto impero industriale del tessile, il cui complicato testamento dovrà essere aperto solo quando tornerà dalla guerra il nipote Sukekiyo, figlio di Matsuko, una delle tre figlie del defunto, avute da tre donne diverse mai sposate. Fa parte della famiglia inoltre la giovane Tamayo, di «sconvolgente bellezza altresì spaventosa» (pensa Kindaichi), adottata da Inugami per un debito di riconoscenza verso un sacerdote che lo aveva accolto trovatello.
Su quell’idillico lago Kindaichi è stato richiamato dall’inquietante lettera di un certo avvocato Wakabayashi che dovrà incontrare a Nasu e gli rivelerà ciò che teme possa accadere. Ma Wakabayashi viene ucciso prima che possa rivelare le sue paure a Kindaichi il quale insieme al locale commissario Tachibana indagherà travolto dall’onda di altri efferati delitti nel seno della famiglia Inugami, tutti spettacolarizzati con i simboli dell’ascia, del koto (strumento musicale) e del crisantemo, i tre tesori di casa Inugami che rappresentano il diritto alla successione di tutti i beni familiari.

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