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Torna il bizzarro, meraviglioso commissario Adamsberg

E’ un commissario svagato e visionario, che lascia alle idee «stravaganti ondeggiare, intrecciarsi, scontrarsi, addensarsi, disperdersi e ritrovarsi», quello ideato dalla archeologa, medievista e saggista francese Fred Vargas (pseudonimo di Frédérique Audouin-Rouzeau) per i suoi gialli singolari, dato che Jean-Baptiste Adamsberg, il “suo” commissario”, sin da «L’uomo dei cerchi azzurri» (primo della serie, del 1991), è apparso subito un personaggio di successo.

Di mezza età, anticonvenzionale nel vestire, contrariamente al suo vice, l’elegante e colto Adrien Danglard, alle cui conoscenze Adamsberg attinge senza invidia o senso di inferiorità, è arrivato al commissariato del V Arrondissement di Parigi dopo aver risolto numerosi difficili casi. Poco incline ai conflitti, non se la prende se qualcuno ritiene che le sue indagini siano bislacche e complicate. Ma i suoi collaboratori, tra i quali Veyrenc, Mercadet, Noël e la forzuta agente Violette Retancourt, credono ciecamente nelle sue scelte e nella sua capacità di osservare tutto nel calderone dei delitti più efferati o grotteschi, come nell’ultimo della serie, «Sulla pietra» (Einaudi, nella traduzione di Margherita Botto e Simona Mambrini), in cui Adamsberg, lottando con garbo contro le pastoie della burocrazia, trova la soluzione attraverso una serie di dettagli grotteschi, come il fatto che il killer lascia nelle mani della vittima un uovo fecondato e schiacciato.
Ma ad essere “strani” ed eccentrici sono pure gli altri personaggi del romanzo, ambientato a Louviec, in un paesaggio affascinante come la Normandia bretone, ricca di leggende: Josselin de Chateaubriand, che da «visconte del Chateaubriand» (omonimo e forse discendente del celebre poeta) è tenuto in conto nel villaggio perché fa colore locale insieme al Castello di Combourg con il suo vecchissimo fantasma del Conte Zoppo che fa sentire sinistramente la sua gamba di legno prima che accada un evento luttuoso.
E poi c’è l’oste-locandiere Johan dell’Auberge des Deux Ècus, con i suoi piatti succulenti che danno ristoro al commissario locale Matthieu e alla squadra di Adamsberg, e le comari locali, e una strana “setta” di Ombristi che lottano contro gli Ombrosi, coloro che di proposito con la loro ombra coprono malignamente per strada quella degli altri. Tutto in una dimensione paesana e turistica insieme nella quale non manca una galleria di animali, dal riccio soccorso da Adamsberg (la simpatia per gli animali gli è prestata dalla Vargas, che è anche archeozoologa) alle pulci (una possibile pista per individuare il killer, dato che le vittime hanno tutte segni di morsi di pulci) all’asina placida che strofina la sua testa contro quella del commissario. Che tra piste sconcertanti, ramificazioni di crimini paralleli, riflessioni a voce alta condite dai suoi «non so» («Je ne sais pas» è il mantra usato spesso dalla Vargas stessa), bevute di chouchen (idromele) offerte da Johan, risolve anche questo caso forse grazie anche all’energia ancestrale del menhir, sul quale ama distendersi per «spalare le nuvole».

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