Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

«Il Vangelo secondo Antonio» il commovente e profondo spettacolo dei calabresi di Scena Verticale

Di e con Dario De Luca, prodotto dalla compagnia di Castrovillari, a nove anni dal suo debutto è ripartito dal Teatro Oscar di Milano in una versione aggiornata

Realistico ma anche evocativo e struggente, fortemente emotivo, come un grido sussurrato che risuona assordante più nella mente e nel cuore che non nell’udito, pure spiazzante per il rapporto inconsueto che propone tra malattia e sacerdozio, tra vocazione e perdita dei rapporti con la realtà. È tutto questo il pluripremiato «Il Vangelo secondo Antonio» di e con Dario De Luca, prodotto da Scena Verticale di Castrovillari, che a nove anni dal suo debutto è ripartito dal Teatro Oscar di Milano in una versione aggiornata.

Il morbo di Alzheimer, con tutti gli sconvolgimenti che porta nella vita non più vita piena di chi ne è colpito e ancor di più nell’esistenza di chi si prende cura del malato, è il vero protagonista del lavoro e in qualche maniera si può dire che i tre personaggi siano al suo “servizio”.

Don Antonio, parroco di Bivongi (Reggio Calabria) e vicario del vescovo, è un attivissimo sacerdote, completamente dedito alla sua missione religiosa, aiutato dalla sorella-perpetua Dina e dal diacono Fiore. Sembra che nulla e nessuno possano fermarlo finché la malattia irrompe nelle sue giornate, prima condizionandolo e poi portandolo nel vuoto di una mente che vaga senza avere più punti di riferimento.

De Luca, che si è avvalso della collaborazione di esperti di neurogenetica, ricostruisce in scena tutti questi passaggi: dai primi inciampi alla fase in cui il protagonista ha la coscienza del male che lo ha colpito fino al progressivo decadimento che lo avvilisce nel fisico e lo confina in un mondo mentale tutto suo. In questo crescendo (ma forse sarebbe meglio dire decrescendo) l’autore inserisce l’assoluta originalità di vedere come un prete può affrontare la situazione di degrado del pensiero e delle azioni.

Don Antonio crea a poco a poco un suo personale rapporto con il Cristo crocifisso (scultura realizzata da Sergio Gambino). Si chiede cosa abbia fatto questo giovane per meritare una punizione così tremenda e perché sia nudo (e vuole una coperta per coprirlo), vorrebbe riscrivere questa parte della storia e dei vangeli. Il Crocifisso diventa per il malato un oggetto feticcio, fino a creare una zona di assoluta ambiguità tra fede spontanea e insegnamenti catechistici, spunto per un percorso che, laico e credente che sia, ciascun spettatore ha la possibilità di fare: «Il Vangelo secondo Antonio» può diventare anche il Vangelo secondo ciascuno di noi. D’altra parte, lo spettacolo propone anche altri e vari spunti, una sequenza di suggerimenti che, pur rimanendo sullo sfondo rispetto alla trama principale (per esempio, i naufragi dei migranti sulle coste calabresi), allargano i temi contemporanei e quindi le occasioni di riflessione per gli spettatori (non a caso a lungo plaudenti alla fine).

Con un’intensità interpretativa che si modula a ogni passo della vicenda, Dario De Luca è un don Antonio che si sfalda sotto i nostri occhi e penetra cuori e coscienze. La catanese Matilde Piana, la sorella del prete, non gli è da meno e tratteggia in maniera perfetta e significativa il dramma di chi accudisce un malato di Alzheimer, tra affetto, rabbia e disperazione. Davide Fasano, nei panni del diacono che poi succede al parroco, è un degno comprimario.

Oggi in edicola

Prima pagina

Ancora nessun commento

Commenta la notizia