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Parola di linguista: fidiamoci di Dante!

Il bel libro di Giuseppe Patota. «A tu per tu con la Commedia» spiegata e raccontata perché possa parlare a tutti

La grande bellezza di Dante raccontata e dispiegata nel bel volume «A tu per tu con la Commedia» (Laterza) del linguista Giuseppe Patota. Muoversi nell’atlante plurale dell’universo dantesco è impegnativo: capire la Divina Commedia – avverte Patota – è difficile sia per i contenuti dell’enciclopedico poema sia per la lingua in cui Dante lo scrisse, «una lingua diventata la nostra soprattutto grazie a lui, con tutte le possibilità espressive che sembrano andare aldilà dell’umano, dal registro più basso a quello più alto, da quello sordido a quello sublime».
Ecco perché, nella sterminata bibliografia che interroga da secoli Dante e il suo poema, dono e patrimonio per l’umanità, la sua grande bellezza deve essere ancor più raccontata. E allora era necessaria «quest’opera di divulgazione non banalizzante» con la quale Patota, ordinario di Linguistica italiana all’Università di Siena, socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei, accademico della Crusca e dell’Arcadia, condirettore con Valeria Della Valle del Dizionario dell’Italiano Treccani, nonché autore di numerosi studi scientifici e scritti divulgativi, ha cercato «di fare quello che un professore deve fare sempre: rendere facili e accessibili cose difficili e poco accessibili».

«Un giorno – continua il linguista – mi sono messo a pensare alla Commedia e me la sono raccontata così: nel 1300 un uomo di trentacinque anni si ritrova in una selva spaventosamente oscura, da dove intraprende un viaggio sorprendente che lo porta al di qua e al di là del mondo. Prima sprofonda nelle viscere della Terra, dove regna il Male, poi raggiunge una montagna in cima alla quale c’è un paradiso perduto, infine viene lanciato nello spazio, da dove si rende conto che la Terra, il suo piccolo pianeta, è un frammento insignificante di un universo spazio-temporale smisurato. Raggiunge la Luna in una data compresa fra il 30 marzo e il 13 aprile del 1300, 671 anni prima di Neil Armstrong, prende contatto con gli altri pianeti e con le costellazioni. Alla fine di quest’avventura sovrumana vede Dio. Strada facendo incontra angeli e demoni, personaggi della storia e del mito, animali reali e fantastici, storie e personaggi reali che da Ciacco a Filippo Argenti, da Francesca da Rimini a Ugolino della Gherardesca sonnecchierebbero in qualche documento d’archivio della cronaca medievale se non ce ne avesse parlato Dante; parla con competenza di teologia, filosofia, logica, morale, politica, diritto, letteratura e storia antica, astronomia, scienza dei numeri e delle misure, musica, ottica, medicina, arte della guerra e della navigazione. Racconta quest’esperienza in un diario in versi e lo intitola Commedia».

Ora, «leggere o sentir leggere questo diario in versi è un’esperienza unica, ma difficile per i contenuti dottrinali, scientifici e tecnici che veicola e le storie che racconta », perciò il linguista si è «messo in testa di trasformare quest’opera bella e complicata in un testo che potesse essere capito e apprezzato da chi non lo conosce, da chi lo conosce poco e da chi lo ha conosciuto ma non lo ricorda» e ha scritto 114 racconti in cui presenta i versi più significativi, curiosi o sorprendenti dei cento canti di cui si compone l’opera e li spiega parola per parola: «Non do niente per scontato – dice – collego i fatti con gli antefatti e alla fine propongo la loro lettura, senza cambiare una virgola. In questo modo, canto dopo canto, provo ad accompagnare chi legge nello stesso viaggio che ha fatto Dante. In ogni racconto presento sempre lo stesso cartello: “Voi siete qui”».

Così Patota (e chi legge con lui) attraversa quella materia incandescente seguendo Dante percorrere la topografia del Male «sangue su sangue», viaggiare in un Purgatorio aperto, luminoso e inclusivo anche se doloroso, volare, primo umano, tra la Luna e i Cieli nel mistero del divino: «Realtà irraccontabili ma avvicinate dal Poeta a qualcosa di noto mediante similitudini, e sceneggiature che meriterebbero mille premi Oscar». Dando puntualmente conto, da linguista, di preziose spiegazioni fonetiche, grammaticali, semantiche, etimologiche su quella invenzione della lingua che grazie a Dante è diventata nostra, riflettendo sul ritrovamento di significati e parole a partire da termini danteschi sino a giungere alle parole di cui il Poeta non disponeva.

«Fidatevi di Dante» ripete Patota più volte. E tra le tante chiose del linguista eccone qualcuna: non è vero, come i versi del poema chiariscono, che il «ma» all’inizio di frase non si può usare e, ancora, non è vero che non sia corretto il presente al posto del futuro in frasi del tipo «fra un mese vado in vacanza». «Parola di Dante», ricordava Luca Serianni, e, allora, fidiamoci di Dante!

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