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Premio Sila: ecco il ritratto dell’Italia che scrive

Una mappa, a volte, vale più di mille rotte segnate sugli atlanti. È la mappa dei libri. E Cosenza e il Premio Sila ’49, da un po’ di tempo, sono diventati un punto cardinale di questa geografia segreta. Anche quest'anno hanno tracciato la loro rotta, annunciando i dieci libri finalisti. È successo ieri, nella sede della Fondazione, in una conferenza stampa che profumava di inchiostro fresco e promesse. Padroni di casa l’avvocato Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila, e Gemma Cestari, direttrice del Premio. Anche la giuria era presente, con Emanuele Trevi, Valerio Magrelli e Nicola Lagioia collegati via web.
«Il nostro filo conduttore è l'Italia che vorremmo», ha detto Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila. Parole che suonano come un invito a un viaggio. E allora partiamo, per questo viaggio letterario attraverso dieci voci che hanno saputo catturare l'essenza del nostro tempo. C'è chi, come Nicoletta Verna nei suoi «I giorni di vetro» (Einaudi), offre quella che Nicola Lagioia definisce «una scrittura avvincente, capace di tenere il lettore incollato alla pagina, curioso di scoprire come si intrecciano i destini dei personaggi». E poi Sandro Veronesi, che con «Settembre nero» (La nave di Teseo) ha creato, nelle parole di Valerio Magrelli, «un libro intarsiato con cura e amore, ma coronato da una tragica esplosione che sconvolge l'universo familiare».
Il viaggio continua con Emanuela Anechoum e il suo «Tangerinn» (E/O), che secondo Emanuele Trevi «utilizza un archetipo narrativo classico – il ritorno alle radici – ma lo fa con una tale freschezza e originalità che risulta comunque coinvolgente». E con Diego De Silva che nei «Titoli di coda di una vita insieme» (Einaudi), Trevi ci ricorda, «mostra come due persone che un tempo condividevano la stessa visione del mondo, dopo la separazione, si ritrovino a vivere in due realtà completamente diverse». E poi c'è «Lo splendore» (Laurana) di Pierpaolo Di Mino, che Trevi descrive come «un'opera che sfida le convenzioni narrative contemporanee, proponendo un linguaggio che si distacca dalle mode del momento per abbracciare una visione più arcaica e universale». Accanto alla «Ragazza eterna» (Bompiani) di Andrea Piva, che Lagioia descrive come «una storia contemporanea che evoca temi universali come Eros e Thanatos, l'amore e la morte». Due facce della stessa medaglia, due modi di guardare la realtà.
Linda Ferri, con «Il nostro regno» (Feltrinelli Gramma), secondo Trevi ha creato «un'opera di alta letteratura, dove il “regno” del titolo è un mondo nel mondo, un luogo dove la reciprocità tra i personaggi ha un'energia narrativa potente». Mentre Marco Lodoli ci regala «Tanto poco» (Einaudi), che Magrelli definisce «un romanzo che si muove su un fondo costante di sofferenza e pietà cristiana». Il cerchio si chiude con Giulia Corsalini e «La condizione della memoria» (Guanda), per Magrelli «una storia dolente e ammaliante che tesse un continuo travaso tra presente e passato». E con Marco Ferrante che in «Ritorno in Puglia» (Bompiani) offre quella che Lagioia descrive come «una saga familiare avvincente, con tutte le ombre della disgrazia e della tragedia che si allungano sulla vicenda, insieme alle contraddizioni tipiche di una famiglia borghese in una terra dove la borghesia ha accumulato ricchezza in modo accelerato».
La direttrice del Premio Gemma Cestari ha evidenziato la difficoltà del lavoro svolto dalla giuria e la varietà della Decina 2025: «Siamo molto soddisfatti della decina selezionata. È una rosa che tiene insieme tante voci interessanti dell’Italia contemporanea. Dieci libri straordinari che arrivano dopo un lavoro intenso e approfondito da parte dei giurati. Abbiamo autori esordienti e autori consolidati: grande letteratura ma con una varietà che quest'anno è proprio evidente». Valerio Magrelli ha aggiunto che «la selezione è stata un percorso affascinante ma complesso», mentre Emanuele Trevi ha parlato di «un’edizione che si distingue per la ricchezza delle proposte letterarie». Nicola Lagioia ha infine definito il Premio Sila come «un’occasione importante per riflettere sulla letteratura italiana in dialogo con i grandi temi sociali ed esistenziali».
«Ora, la parola passa ai comitati dei lettori selezionati dalle librerie cosentine – ha detto Paolini – . Saranno loro a dare un'anima a questa mappa, a riempire di emozioni e riflessioni i sentieri tracciati stamattina. Saranno loro a decidere quali storie resteranno impresse nella memoria. Si giungerà alla cinquina e poi, a giugno, si proclamerà un vincitore».
Cosenza e il Premio Sila ’49, ancora una volta, si confermano un punto di riferimento per la cultura italiana. Un luogo dove i libri non sono solo oggetti da leggere, ma strumenti per comprendere il mondo. E, perché no, sognare un futuro migliore. Ché, come ha detto Enzo Paolini, «leggere questi libri significa riflettere su chi siamo oggi e su chi vogliamo essere domani». Un invito che suona come una promessa. Di cultura, bellezza e verità.

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