
Edipo è una vittima che vuole andare avanti ed elabora ciò che gli è accaduto. Siamo tutti un po’ Edipo». Robert Carsen torna al teatro greco di Siracusa e dopo il grande successo di «Edipo Re», nel 2022, presenta «Edipo a Colono» di Sofocle, nella traduzione di Francesco Morosi, al debutto sabato. Confermati i ruoli principali: Giuseppe Sartori torna a interpretare Edipo, Massimo Nicolini sarà Teseo, Paolo Mazzarelli Creonte. Esordio nel ruolo di Antigone per Fotinì Peluso, Simone Severini sarà Polinice, Clara Bortolotti Ismene, Pasquale Montemurro il Messaggero, Rosario Tedesco ed Elena Polic Greco i Capi coro.
Non è solo un cambio di scena...
«È un'altra tragedia totalmente. Tutta la scrittura di Sofocle è un’altra cosa. Tutte queste tensioni, angosce che sono esplorate. Edipo è più vecchio, col passare degli anni ha capito la sua innocenza e in un certo senso si prepara alla morte. Si compie la seconda parte della profezia, che troverà il posto sacro per la sua morte vicino Atene. C’è questa rivalità fra Tebe e Atene per avere la sua tomba perché sarà un vantaggio per la città secondo la profezia. Edipo deve lasciare i problemi per liberarsi di tutte le ingiustizie che ha sofferto, per essere pronto ad andare verso questo mondo misterioso che quasi nessuno può vedere e che in un certo senso è scelto degli dei. È molto misteriosa questa tragedia, non come Edipo Re: è un’altra atmosfera».
Edipo compie una metamorfosi.
«Siamo tutti Edipo, è un simbolo. C'è qualcosa di religioso, nel senso che Edipo ha molto sofferto ed è un simbolo per noi tutti. C’è qualcosa della dignità con cui lui deve portare le sue sofferenze: è un simbolo per quello che può accadere a ognuno di noi. Un uomo che si libera dalle necessità e dalle ambizioni per diventare un tutt’uno con la natura che lo circonda. C’è qualcosa di trascendentale in quello che accade ad Edipo. Non dimentichiamo che il teatro greco è anche un'istituzione religiosa in un certo senso: noi dobbiamo accettare quello che ci succede, perché noi non possiamo controllare tutto, ci sono forze più grandi di noi che decidono. Il destino si compirà. E allora come una persona può adattarsi per vivere queste azioni tragiche. Questa è la lezione per noi: non rimanere solo vittime e piangere, ma capire cosa si può fare di positivo. E c’è anche un altro avvertimento che giustamente Sofocle ha capito scrivendo del nodo familiare: c'è il pericolo che i problemi tra genitori, fra padre e figlio, si ripetano continuamente e c'è un bisogno di rompere questo ciclo violento, un circolo di violenza. C'è bisogno di perdonare per andare avanti. I bambini non possono punire i loro genitori per quello che hanno o non hanno fatto e i genitori devono anche accettare i loro figli per quel che sono e capire che noi proviamo tutti a fare meglio in questo mondo pieno di problemi».
La tragedia si svolge fuori dalla città.
«Nel testo c’è la descrizione di questo luogo sacro, consacrato alle Eumenidi. Abbiamo voluto ricrearlo. Il teatro greco ha questa doppia presenza, della pietra scavata nella roccia e circondato dalla natura, e quindi si vedono questi giganteschi alberi».
Saranno due i cori in scena?
«Nel testo c’è scritto del coro di vecchi di Atene. Ma noi abbiamo i giovanissimi attori dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico per il coro degli abitanti di Colono. In Edipo Re, tutta la città è presente, uomini e donne insieme. In questo caso ho creato un coro delle Eumenidi. Mi sono detto che è interessante dare voce alle famose Eumenidi, invisibili agli umani, che vivono in questo luogo sacro».

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