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In Italia il prezzo delle terre torna a crescere dopo cinque anni

Agricoltura (fonte: Pixabay)

Per la prima volta dopo 5 anni il prezzo della terra nel 2017 torna a crescere rispetto all’anno precedente, mettendo a segno +0,2%. Il valore medio nazionale è di 20mila euro ad ettaro, con una forte la differenziazione delle compravendite a seconda delle zone. Se nel Nord Est il prezzo è stabile sopra i 40mila euro/ha, nel Mezzogiorno si va dagli 8 ai 13mila euro/ha. E’ quanto emerge dall’indagine annuale sul mercato fondiario curata dal Crea con il suo Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia, che segnala una crescita leggermente superiore dei valori fondiari nel Mezzogiorno (+0,7% nelle Isole) rispetto al Nord, ma ancora troppo debole per ridurre il differenziale.

Il confronto con il tasso di inflazione, segnala il rapporto, rende però meno positivo l'andamento che evidenzia un ulteriore calo dell’1%. Segnali positivi vengono dalle compravendite aumentate del 2%, che vanno a consolidare la crescita già riscontrata nei due anni precedenti, come anche dal credito con +2% per il quarto anno consecutivo, che riporta il volume delle erogazioni sopra ai 500 milioni di euro all’anno. In aumento anche le superfici agricole affittate, compresi gli usi gratuiti, per un totale di 5,7 milioni di ettari, il 46% della Superficie agricola utilizzata (Sau). Si conferma quindi il trend positivo da oltre 20 anni con un incremento netto di oltre 860mila ettari (+18%) rispetto al 2010; e questo soprattutto nelle regioni meridionali e in quelle del nord-est (+21%), seguite da quelle centrali (+18%) e da quelle del nord-ovest (+9%). L’affitto rimane più diffuso sopratutto nell’Italia settentrionale, seguono le zone centrali (45%) e il Mezzogiorno (37-44%). L’affitto, segnala il rapporto, si conferma il principale strumento per gli imprenditori per ampliare la propria azienda con maggiore flessibilità senza gli impegni finanziari che comporta l’acquisto. Crea, dopo 5 anni di fermo; bene anche compravendite e affitti

A volare, secondo il rapporto, è la domanda di acquisto per i terreni più fertili, con infrastrutture irrigue e vicinanza a reti stradali e legati a particolari produzioni agricole, a partire dai vigneti, il cui interesse non accenna a diminuire. Di fatto i terreni migliori non hanno mai smesso di suscitare l’interesse di potenziali compratori, portando i valori a livelli non sempre compatibili con l’effettiva redditività delle imprese agricole. Il rapporto segnala poi gli sforzi delle istituzioni ad aumentare la mobilità fondiaria attraverso agevolazioni per l’acquisto della terra da parte degli imprenditori, con particolare riguardo ai giovani. Dopo il decreto Terre vive del 2014, che ha messo a disposizione terreni demaniali, in larga misura ubicati in zone marginali, ora è stata avviata la Banca della terra nazionale curata dall’Ismea che ha messo in vendita all’asta 7.700 ettari.

A spingere il mercato degli affitti, spiega ancora il Crea, sono la scarsa liquidità e le incertezze dei redditi aziendali, che nell’insieme disincentivano gli investimenti in capitale fondiario a favore degli affitti. Una strada percorsa per lo più dai giovani imprenditori, usufruendo anche dei premi di primo insediamento offerti dai Programmi di Sviluppo Rurale (Psr). Rispetto al passato si attenua l’interesse per i terreni da destinare a colture energetiche, mentre i contoterzisti rimangono attori importanti. Dal punto di vista contrattuale, infine, prevalgono fortemente gli affitti in deroga con una durata media inferiore rispetto al passato, mentre sono ormai in estinzione gli accordi verbali, sebbene in qualche caso resistano forme spurie di contratti atipici. Crea, dopo 5 anni di fermo; bene anche compravendite e affitti.

 

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