Domenica 22 Dicembre 2024

Si va verso lo stop al divieto di conseguire due lauree contemporaneamente

Rendere la formazione più flessibile, consentendo anche la 'doppia laures' in contemporanea, finora vietata, e abolendo quindi un regio decreto di 85 anni fa, del 1933, che impedisce, appunto, «l'iscrizione contemporanea a diverse università e a diversi istituti d’istruzione superiore». Ne ha parlato oggi il titolare del Miur Marco Bussetti, intervenendo al Salone Orientamenti di Genova. «E' importante che i ragazzi non si specializzino unicamente in un settore, ma abbiano magari anche la possibilità, come avviene in altre nazioni, di rendere un pò più flessibile la propria formazione», ha detto il ministro, commentando la notizia che già circolava da alcune ore. A favore, nelle pagine del Sole 24 Ore, si è espresso il rettore del Politecnico di Torino Guido Saracco, secondo il quale è giusto «andare in direzione di una maggiore flessibilità che è un requisito crescente del mercato del lavoro...avere più flessibilità consentirebbe di attrarre più cervelli dall’estero e di trattenere i nostri». Perplesso il presidente dell’Associazione presidi, Antonello Giannelli, secondo il quale se «sulla flessibilità siamo d’accordo, la serietà degli studi non deve essere minata, non devono esserci sotterfugi». Per gli studenti, invece, se la notizia è certamente buona, non è però la priorità dell’università. «Il numero di iscritti negli atenei italiani è tra gli ultimi in Europa e così anche dei laureati - dice Enrico Galluni, esponente dell’Unione degli universitari - questa dovrebbe essere la priorità, bisognerebbe pensare a aumentare le borse di studio». L’Udu inoltre si oppone all’abolizione del valore legale del titolo di studio. «Siamo assolutamente contrari, sarebbe una liberalizzazione molto pericolosa soprattutto in Italia dove la corruzione è sempre in agguato», commenta Galluni. Su questo punto, per il ministro Bussetti, il tema è la competenza, non il valore della laurea. «Il problema è legato più alle competenze che alle certificazioni - ha detto oggi il ministro - E’ necessario legare il tema sotto il problema della competenza e non del valore del titolo». A ventilare l’ipotesi, nei giorni scorsi, era stato il vicepremier Matteo Salvini. La laurea non sarebbe - o non dovrebbe essere - un requisito fondamentale per accedere a concorsi pubblici e per fare carriera. Il motivo, spiegava il ministro dell’Interno, sarebbe che negli ultimi anni la scuola e l'università sarebbero stati serbatoi elettorali e sindacali. «Cancellare il valore legale è il grimaldello per dividere gli Atenei italiani in università di serie A, B e C, con danni enormi per i territori più deboli, in particolare del Mezzogiorno, e per gli studenti delle famiglie più deboli, che costerebbero al Paese drammatiche diseguaglianze e ingiustizie», ha attaccato il Pd con il parlamentare Pd Francesco Verducci.

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