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Pensioni, sindacati contro il governo: quota 100 penalizza i lavoratori del Sud e le donne

La norma sull'accesso alla pensione anticipata con Quota 100 penalizza i lavoratori del Sud e le donne perché difficilmente riescono a totalizzare almeno 38 anni di contributi. I sindacati hanno ribadito oggi la loro preoccupazione nell’audizione alla Commissione Lavoro del Senato anche se dalle prime 21.000 domande arrivate la percentuale delle richieste all’Inps dalle regioni del Sud e dalle Isole è prevalente con il 42% del totale.

E’ probabile che la prima ondata di domande sia stata fatta soprattutto da coloro che hanno perso il lavoro e da persone che fanno i conti con un costo della vita più basso e quindi ipotizzano di andare in pensione anche con un assegno minore. Ma non è escluso, come ha spiegato oggi la presidente dell’Inca Cgil, Morena Piccinini, che molte domande siano state fatte con riserva in attesa di capire se possano essere accolte e con quale importo.

Si attende la conversione del decreto legge e quindi di avere certezze sulle condizioni di uscita ma anche il simulatore annunciato dall’Inps (insieme all’avvio delle buste arancioni) per avere maggiore chiarezza sull'importo che si prenderà. Ieri il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha calcolato che con quattro anni di anticipo l’importo dell’assegno sarà inferiore di circa il 20% rispetto a quello che si avrebbe avuto lavorando fino all’età di vecchiaia.

Ma calcolando che la pensione si prende per un periodo molto più lungo c'è comunque un vantaggio per chi va in pensione anticipata con una massa pensionistica complessiva superiore ma suddivisa in più mensilità. E per il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon «chi andrà in pensione con «quota 100» subirà una perdita del vitalizio che «al netto scenderà al 16%».

Durigon ha attaccato Boeri definendo "vergognose" le sue dichiarazioni «Prima c'era una sorta di
immobilismo che i grandi professori dicevano non si potesse toccare. Ma adesso si avrà un grande impatto sul settore privato» ha aggiunto.

Secondo i sindacati il requisito contributivo dovrebbe riconoscere la maternità e il lavoro di cura (con uno sconto quindi rispetto ai 38 anni minimi). E’ inoltre penalizzante per i lavoratori del pubblico impiego - sottolineano - il meccanismo delle finestre perché prevede per loro l’attesa di sei mesi prima della possibile uscita e il differimento del pagamento del Tfs fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia.

Cgil, Cisl e Uil chiedono «un intervento organico e strutturale, basato sulla flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età, la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età e il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori.

Al momento le domande arrivate sono 21.000, con quasi un terzo delle richieste dal pubblico impiego (6.650) e una prevalenza dalle regioni del Sud. Oggi l’Upb, Ufficio parlamentare di bilancio, in una audizione al Senato sul decreto ha calcolato in 314.000 le uscite supplementari con le misure del Governo nel 2019 (290.000 la stima del Governo).

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