Il temuto downgrade non c'è stato. Fitch ha confermato il rating dell’Italia a BBB con outlook negativo, ma in una lunga nota sottolinea di fatto la necessità di un cambio di passo, se non di una svolta politica, per superare tutte le criticità che continuano pesare come un macigno sulla situazione dei conti e dell’economia italiana.
La lettura di Palazzo Chigi è che «le valutazioni di Fitch confermano la solidità economica del nostro Paese e, come era prevedibile, risentono del rallentamento economico transitorio che sta investendo tutto il continente europeo. Andiamo avanti con la strada tracciata nella manovra per assicurare sviluppo ed equità sociale all’Italia, prestando attenzione ai rischi provenienti dal contesto internazionale». Per il governo, del resto, «nella seconda parte dell’anno le misure di politica economica e il miglioramento del quadro macroeconomico internazionale daranno impulso alla ripresa».
Gli esperti di Fitch mettono intanto in evidenza come «le tensioni politiche» nella coalizione che forma il governo Conte creano una indubbia incertezza che non può che incidere negativamente sulle politiche economiche e di bilancio. E «le differenze ideologiche tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega - si afferma - probabilmente aumenteranno queste tensioni». Al punto che Fitch si dice convinta che si arriverà al voto anticipato: «Non ci aspettiamo - si legge nel comunicato dell’agenzia di rating - che il governo italiano duri l’intero mandato e vediamo un aumento delle probabilità di elezioni anticipate a partire dalla seconda metà di quest’anno».
Fitch individua anche la coalizione che potrebbe prendere il posto di quella giallo-verde, ipotizzando un ritorno del centrodestra, con la Lega di Matteo Salvini che - si evidenzia - sarebbe propensa ad andare alle urne prima del previsto e, se ci saranno i numeri necessari, «tornare agli accordi precedenti con Forza Italia e Fratelli d’Italia». Per l’agenzia di rating una cosa è certa: una sostenibilità di medio termine dell’elevato debito pubblico italiano potrà essere perseguita «nel caso di un nuovo governo più stabile e nel caso che un orizzonte programmatico più ampio faciliti alcuni aggiustamenti di bilancio e un mix di politiche più prevedibile e di sostegno alla crescita».
Intanto la soluzione per l’Italia, si ostina a ripetere il ministro dell’Economia Giovanni Tria, non può essere la rigida applicazione delle regole europee del fiscal compact, approvate «in fretta» in piena crisi ormai quasi dieci anni fa: la richiesta di tenere strettamente sotto certi parametri i conti può funzionare bene durante periodi di crescita ma, è il ragionamento del ministro, quando si registra una contrazione, soprattutto se repentina e acuta come quella che si sta palesando in questi mesi, servono risposte diverse. L'architettura attuale invece «impedisce aggiustamenti discrezionali delle politiche finendo con l’agire in direzione prociclica se non strutturalmente deflattiva». Questo non significa, precisa il titolare di via XX settembre nella prolusione per l’apertura dell’anno accademico di Tor Vergata, la sua vecchia università, che non ci debbano essere regole, ma non devono essere i «tecnicismi» a dettare legge.
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