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Manovra, taglio da 3 miliardi alle spese dei ministeri. Nodo sulle partite Iva

Un taglio da 3 miliardi ad alcuni capitoli di spesa dei ministeri è previsto del decreto fiscale, ma anche nella legge di bilancio arriva una stretta sui consumi intermedi dei ministeri, quelli che riguardano l’acquisto di beni e servizi, lievitati troppo negli ultimi anni. E’ questa l'ultima novità che il governo punta ad introdurre nella legge di Bilancio che è attesa dalle Camere, alle quali difficilmente arriverà prima del ponte del primo novembre.

La nuova norma, che stabilisce che la spesa non possa superare la media degli ultimi tre anni, è necessaria per una
manovra a caccia di risorse e che, anche con un "congelamento" di spese a copertura di Quota100, vuole garantire i conti dai rilievi di Bruxelles. L’Ue, oltre al deficit e al debito, ha messo nel mirino proprio la spesa pubblica. La stretta sugli acquisti dei ministeri, del resto, appare anche un riequilibrio tra centro e periferia, visto che sul tappeto il Pd ha posto anche la necessità di dare maggiore attenzione ai territori, magari rimpolpando da 1.000 a 1.500 euro la "retribuzione" riconosciuta ai sindaci dei piccoli comuni. «Sono pagati da vergogna, una miseria», ha detto il ministro dei beni cultura, Dario Franceschini. C'è poi il nodo dei debiti dei comuni, che si vorrebbe "ristrutturare" per alleggerire i loro bilanci.

Il testo della Legge di Bilancio è ancora da definire. Le riunioni tecnico-politiche si susseguono e i nodi da sciogliere sono ancora molti: dalla flat tax delle partite Iva, confermata al 15% per i redditi sotto i 65 mila euro ma che potrebbe prevedere alcuni paletti, alla rimodulazione delle risorse previste per la famiglia i cui meccanismi sono ancora al centro del confronto tra i fautori degli attuali bonus e chi vorrebbe l'assegno unico per ciascun figlio. Con l’attuale governo, composto da diverse forze, è chiaro che novità arriveranno non solo finché il testo non sarà definito, ma anche fino all’ultimo voto parlamentare. Ogni forza politica vorrà rivendicare un qualche successo.

Di certo il governo incassa per ora il decreto fiscale, che ha preso la dirittura del Parlamento e inizierà questa settimana l'iter. Sarà un primo test per verificare la tenuta della maggioranza anche su norme, come quella che aumenta gli anni di carcere e rende più facile da far scattare le manette ai polsi degli evasori. Novità potrebbero arrivare anche per definire meglio i meccanismi per l’utilizzo delle carte di pagamento al posto del contanti per i cittadini più agè.

Ora il focus è sulla legge di Bilancio. Il ministro Roberto Gualtieri ha riunito al ministero dell’Economia per un confronto domenicale e serale i sottosegretari di Pd, M5s, Leu e il deputato Luigi Marattin per Italia viva. Si è lavorato su una prima bozza predisposta dai tecnici, sulla base delle intese di massima raggiunte in maggioranza.
Ma tanto resta ancora da definire e serve ancora tempo se nell’agende dei tecnici si punta a portare il testo in
Parlamento solo all’inizio di novembre, forse il 4. Non sembrano ad ora previste modifiche alle finestre di quota 100, nonostante l'insistenza di Iv. Ma si stimano maggiori risparmi, che consentiranno di congelare spese per 300 milioni nel 2020, 900 milioni nel 2021 e 500 nel 2022. E’ il cosiddetto "freezing" che serve proprio come garanzia rispetto ai "timori" della Commissione Europea.

Sulla famiglia, poi, la maggioranza è ancora divisa. Il fondo appostato vale 2 miliardi. Da un lato c'è chi, come Iv,
vorrebbe affiancare al bonus asili nido il rinnovo dei bonus bebè del passato e chi, come il Pd, vorrebbe un intervento
organico che porti verso l’assegno unico. Sugli asili nido dovrebbero esserci 150 milioni su 600. I sindaci Pd spingono perché vengano dati ai Comuni perché decidano come assegnarli, a seconda delle esigenze dei territori, e non direttamente alle famiglie: tra i Dem c'è chi è a favore di questa linea.

Sulle partite Iva, la flat tax rimane fino a quota 65mila euro di reddito. E sono d’accordo, tutti d’accordo invece sulla possibilità che ci sia un tetto al cumulo con eventuale redditi da lavoro dipendente, che rimarrebbe fissato a 30mila euro. Si discute ancora, invece, se porre un limite anche alle spese per beni strumentali e per il personale: il M5s non vorrebbe questi due paletti ma l’ipotesi è ancora sul tavolo e ci rimarrà finché non si riusciranno a trovare risorse alternative.

C'è poi il nodo micro-tasse. Su cedolare secca, che passa dal 10 al 12,5% sugli affitti concordati, e sugar tax si vedrà in
Parlamento se ci sono risorse per abolirle ma intanto si lavora per limitare la tassa sulla plastica in modo che non siano penalizzati i materiali riciclabili.

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