«E' riconosciuta alle lavoratrici - si legge nella legge di Bilancio per il 2019 - la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro». La norma è entrata in vigore il primo gennaio 2019 ma con la circolare 148 l’Inps dà le istruzioni operative e quindi sblocca le domande eventualmente già arrivate e accetta le nuove domande.
La documentazione sanitaria deve essere acquisita dalla lavoratrice nel corso del settimo mese di gravidanza. «Le certificazioni che conterranno il solo riferimento alla data presunta del parto - si legge nella circolare - saranno ritenute idonee a consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa fino al giorno antecedente alla data presunta del parto, con conseguente inizio del congedo di maternità dalla data presunta stessa, e per i successivi cinque mesi».
Nel caso di parto successivo alla data presunta i giorni tra la data presunta e il parto «sono conteggiati nel congedo di maternità ma non possono essere indennizzati in quanto regolarmente retribuiti dal datore di lavoro e coperti sul piano degli obblighi contributivi».
L’interdizione dal lavoro per gravi complicanze della gravidanza «è compatibile con la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, purché i motivi alla base della predetta interdizione cessino prima dell’inizio del congedo di maternità ante partum». Invece l’insorgere di un periodo di malattia prima dell’evento del parto, tra il settimo e il nono mese, «comporta l’impossibilità di avvalersi dell’opzione».
Nel giorno di insorgenza dell’evento morboso (anche qualora fosse un singolo giorno), la lavoratrice gestante inizia il proprio periodo di congedo di maternità e le giornate di astensione obbligatoria non godute prima si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto.
La lavoratrice può rinunciare alla scelta di avvalersi di tale opzione solo prima dell’inizio del periodo di congedo di maternità ante partum. Qualora, tuttavia, la lavoratrice gestante manifestasse la decisione di non volersi più avvalere dell’opzione dopo l’inizio del periodo di maternità ante partum, il congedo di maternità indennizzabile sarà computato secondo le consuete modalità (due mesi ante partum e tre mesi post partum).
Quindi i periodi prima del parto lavorati prima della rinuncia saranno comunque computati come periodo di maternità, ma non saranno indennizzati poiché la lavoratrice non si è astenuta dall’attività lavorativa.
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