Cresce in Italia la distanza tra i ricchi e i poveri. Il 20% della popolazione con i redditi più alti può contare su entrate superiori a sei volte quelle di coloro che sono nel quintile più in difficoltà. Una polarizzazione della società che diventa ancora più profonda al Sud, dove il gap tra le diverse fasce di reddito arriva anche a 7,4 volte.
A scattare la fotografia è Eurostat che ha appena aggiornato i suoi dati mettendo in relazione i diversi gruppi di redditi fino all’anno 2018. Si tratta, va detto subito, di un’immagine scattata prima dell’arrivo in Italia del reddito di cittadinanza, che ha portato nel 2019 risorse per 7 miliardi per la fascia più povera della popolazione, con un impatto che le statistiche misureranno nel prossimo futuro.
Nel 2018, invece, il governo aveva rafforzato il Reddito di Inclusione in favore della povertà, con circa 300 milioni, ma a giudicare dai dati forniti dall’istituto di statistica europeo non sarebbe riuscito a contrastare l’aumento del gap tra i ricchi e i poveri. La crescita della distanza tra i due gruppi, a scorrere la tabella dei vari anni, appare quasi inesorabile.
Dal 2008, l’anno in cui è scoppiata la crisi negli Usa che ha lambito l’Europa solo nella parte finale dell’anno, il differenziale tra ricchi e poveri è aumentato di una ulteriore unità: se allora valeva 5,21 volte, nel 2016 si era saliti al 6,27 volte (un record), per poi ridiscendere al 5,92 del 2017 e sfondare di nuovo la soglia del sei, a 6,09 volte, nel 2018. Negli ultimi 11 anni, insomma, i poteri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi.
Non consola nemmeno il confronto con gli altri Paesi europei. L’Italia è la peggiore, per ampiezza del gap, tra le nazioni più popolose. Nella lista dei 28 aderenti - guidata da Serbia, Bulgaria e Romania, con un divario rispettivamente di 8,58, 7,66 e 7,21 volte - si piazza al settimo posto. Dietro a noi la Spagna (6,03 volte) mentre mostrano un maggiore equilibrio la Germania (5,07 volte) e soprattutto la vicina Francia (4,23 volte).
Il cattivo posizionamento dell’Italia lo si vede anche in confronto alle medie dei Paesi: quelli dell’eurozona registrano nel complesso un divario di 5,07 volte, quelli dell’Ue28 di 5,17 volte. L’Italia è ben più su. La lettura dei dati mostra inoltre un ascensore sociale bloccato, un maggior livellamento tra i pensionati ma anche che la differenza tra ricchi e poveri non 'discrimina' tra uomini e donne.
La difficoltà di passare da una classe all’altra è segnata dai dati sugli under 65: nell’età da lavoro il 'gap' ricchi-poveri è più alto, di 6,55 volte. Tra i pensionati, invece, si attesta a 4,86 volte. Povertà e ricchezza comunque non guardano al 'gender gap': la divario di 6,10 punti degli uomini si affianca quello di 6,8 volte delle donne. E’ possibile anche analizzare il dato per regioni. Ma in questo caso le informazioni si fermano al 2017, quando l’indice nazionale era al 5,9%.
Il minor divario si registra in Friuli (4,1 volte la differenza tra i redditi), seguita da Veneto e Umbria (4,2 volte). Il Lazio segna un indice del 6,5, la Lombardia si ferma a 5,4 mentre Sicilia e la Campania registrano divari ampi: il 20% dei più ricchi guadagna 7,4 volte tanto la corrispondente fascia dei più poveri.
«Eurostat ci dice che tra i grandi paesi europei l’Italia è quello con il divario più alto tra ricchi e poveri - scrive il vice presidente del Pd Andrea Orlando - Con buona pace di quelli che dicono che le politiche di redistribuzione sono un relitto del secolo scorso. E più per chi ci parla di nutella, invasioni etc». «Dati vergognosi e indegni di un Paese civile», commenta anche il presidente del Codacons Carlo Rienzi secondo il quale «un Paese civile deve operare affinché le differenze si assottiglino».
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