Investimenti triplicati e manutenzione rafforzata, piano da 1.000 assunzioni, monitoraggio in tempo reale di ponti e viadotti. Poggia su queste basi la trasformazione con cui Autostrade per l'Italia prova a riconquistare la fiducia persa negli ultimi mesi e a salvare la propria concessione. Sul dossier intanto il Governo sembra avere ancora bisogno di tempo. La decisione non è ancora stata presa, tanto che la relazione finale è ancora in fase di ultimazione sulla scrivania della ministra Paola De Micheli: serve tempo perché, spiega, si stanno valutando a fondo anche le conseguenze di qualunque decisione. Il premier Giuseppe Conte assicura comunque che "siamo in dirittura finale": il dossier sarà portato in consiglio dei ministri "quando saremo pronti". Quindi non domani, riunione che infatti non ha l'argomento all'ordine del giorno. Il nuovo piano, approvato oggi in Cda, mette in campo 7,5 miliardi di euro tra investimenti (5,4 miliardi dai 2,1 del quadriennio precedente) e manutenzioni (il crescita del 40% a 1,6 miliardi, in linea con le interlocuzioni con il Ministero delle infrastrutture) nel quadriennio 2020-23. Stella polare della strategia definita dall'ad Roberto Tomasi è la sicurezza, per la quale è previsto un programma di 1.000 assunzioni. Le attività in cantiere sono infatti tante e vanno dall'ammodernamento della rete alla digitalizzazione (con sensori e droni per controllare ponti e viadotti, ma anche con il 5G) fino alla mobilità sostenibile (con colonnine e azioni di rimboschimento). Intanto si fa ancora più acceso il dibattito sulla norma sulle concessioni inserita nel Milleproroghe, che in caso di revoca passa temporaneamente la gestione all'Anas e taglia da 23 a 7 miliardi stimati l'indennizzo da riconoscere alla società. Norma contro la quale scendono in campo anche gli investitori esteri, che chiedono l'intervento di Bruxelles. Il colosso assicurativo tedesco Allianz, tra i soci internazionali di Autostrade per l'Italia, ha presentato alla Commissione Europea un esposto, che arriva dopo le missive inviate in questi giorni da Aspi e Atlantia e da altri soci delle due società come il fondo sovrano di Singapore Gic e il fondo cinese Silk Road Fund. Torna a scagliarsi contro il contestato articolo 35 anche l'associazione dei concessionari autostradali Aiscat, che parla di azioni del Governo "non coerenti con il dettato comunitario" e per avvalorare la propria testi porta in audizione alle commissioni della Camera anche un costituzionalista, il professore della Sapienza Massimo Luciani, che rileva "dubbi di legittimità costituzionale tanto formali quanto sostanziali". Rassicura sul rispetto della Carta la ministra De Micheli, che smentisce che la norma violi i patti e che dietro ci sia una "volontà espropriativa": c'era una situazione "totalmente sbilanciata", con una "situazione di privilegio attribuita per legge ad alcuni concessionari" e il decreto intende ristabilire il "giusto equilibrio tra l'interesse pubblico e quello privato". "Al di là della decisione finale del Governo sulla questione puntuale di Aspi, l'analisi di quello che è accaduto in questi anni ci obbliga ad una riflessione", è il pensiero della ministra, che non apre a passi indietro e anzi chiarisce che per la gestione provvisoria che verrà affidata ad Anas arriverà un decreto ministeriale ad hoc. La società stradale del Gruppo Fs, intanto, si prepara ad assolvere il proprio ruolo nel caso la revoca di Aspi diventi realtà: "Siamo in grado di affrontare qualsiasi compito richiesto dal Governo", assicura l'ad Massimo Simonini, che sta potenziando l'azienda anche con un corposo piano di assunzioni (280 formalizzate a gennaio e altre 900 entro l'anno) e che si prepara a 'testare' la nuova norma con l'arrivo - annunciato dalla ministra De Micheli - della Sat e della Ragusa-Catania.