La sentenza della Cassazione n. 5290 del 10 febbraio 2020 ha fatto finalmente chiarezza sulle cause che possono portare al sequestro immediato della card del reddito di cittadinanza. Secondo quanto sancito, il sequestro riguarda sia i beneficiari del Reddito che lavorano in nero o commettono atti illeciti, sia chi ha omesso o ha dimenticato di aggiornare le informazioni sulla situazione di reddito e patrimonio. In questo caso la sanzione scatta anche quando il reddito non superi i 9.360 euro annui. È bene precisare che il sequestro può scattare anche prima dell'eventuale accertamento. Nel caso specifico, la Cassazione ha respinto il ricorso di due coniugi palermitani che avevano perso il beneficio al Reddito dopo un accertamento. L'uomo, infatti, lavorava in un laboratorio di pasticceria percependo 180 euro a settimana con una somma complessiva inferiore ai 9.360 euro annui. Ma ciò che per la Cassazione rileva di più è la trasparenza nelle comunicazioni reddituali. Insomma, le omissioni non sono ammesse nemmeno nel caso in cui vengano rispettati i requisiti per accedere al Reddito. “L’accertamento dello svolgimento di attività lavorativa da parte - si legge nella sentenza - era derivato da appostamenti dei carabinieri presso il suo luogo di lavoro dove l’uomo aveva cominciato a lavorare l’8 febbraio ovvero lo stesso giorno in cui gli interessati avevano chiesto il rilascio della attestazione Isee, poi effettivamente rilasciata il 12 febbraio 2019″. La domanda per accedere al Reddito di cittadinanza "era stata presentata il 18 marzo senza che l’attività lavorativa, già in corso di svolgimento, fosse stata posta a conoscenza dell’amministrazione”. “Successivamente è stata prodotta un’attestazione relativa all’esistenza di un regolare rapporto di lavoro, sulla base di un contratto di durata semestrale, che contrasta con la prospettazione difensiva iniziale, secondo la quale l’attività lavorativa risultava svolta ‘al nero'”. "Appare giustificata dall’intento di limitare il reddito percepito a soli sei mesi e ad importo totale di euro 7200,00 in modo da collocarlo al di sotto della soglia di legge - continua la Suprema Corte - L’effettivo ammontare del reddito è stato dunque “prima taciuto e poi artificiosamente diminuito dagli indagati”. La Cassazione ha così deciso “il sequestro della Carta Postamat, in vista di una revoca del beneficio rigettando l’argomentazione della difesa secondo cui sarebbe dubbia l’esistenza di un obbligo di comunicare tale variazione di reddito non essendosi comunque verificato il superamento della soglia richiesta dalla legge”. La legge, sostiene quindi la Cassazione, "punisce chi omette informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio e non è lasciata al cittadino la scelta su cosa comunicare e cosa omettere”. Nel caso di condanna in via definitiva, inoltre, si dispone la decadenza del Reddito anche retroattiva con la restituzione di quanto percepito indebitamente. I rischi corsi dal beneficiario del Reddito che omette informazioni nella domanda all’Inps o non aggiorna eventuali variazioni nella propria situazione reddituale sono i seguenti:
- In caso di utilizzo di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere e omissioni informazioni dovute in fase di presentazione della domanda: una pena detentiva da 2 a 6 anni
- la reclusione in carcere da 1 a 3 anni per mancata comunicazione della variazione della situazione del patrimonio anche se proveniente da attività irregolari dopo che il reddito di cittadinanza è stato percepito.