Negozi, bar, ristoranti, alberghi, palestre, cinema e teatri sono state le prime attività economiche ad avere un forte impatto per l'emergenza coronavirus. Ma adesso ad essere colpiti sono anche i proprietari di alloggi, a cominciare da coloro che sfruttavano le case per affitti brevi o chi ha locali commerciali dati in affitto. I primi colpiti dal blocco del turismo, i secondi dalle difficoltà dei propri inquilini a pagare gli affitti mentre sono chiusi. Come spiega Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia al Sole 24 Ore «tra le categorie più a rischio ci sono senz’altro ristoranti e bar, soprattutto se non sono riusciti in questo periodo a fare consegne a domicilio. Arrancheranno anche nella fase di ripartenza perché dovranno attrezzarsi per distanziare le persone. Come associazione che ha una forte presenza sul territorio riceviamo da un mese circa continue richieste in termini di consulenza giuridica, in particolare da proprietari di locali commerciali, siano essi persone fisiche o piccole società. Chiedono come rispondere alle richieste degli inquilini di sospendere o ridurre il canone per un periodo, ma ricevono anche lettere con indicata una “autoriduzione” del canone». In molti evocano nuovamente al cedolare secca per gli affitti sui negozi in modo che una minore tassazione permetta ai titolari di abbassare il canone di locazione. Ma problemi anche per le famiglie che vivono in affitto che si calcola siano 4 milioni. Come rileva il Sole 24 Ore la soluzione in entrambi i casi (famiglie e negozi) è quello dell'accordo tra le parti cercando di scremare le richieste serie da quella dei furbi che puntano solo a farsi abbassare l'affitto. Allo studio ci sono comunque anche interventi per gli affitti commerciali: si valuta di estendere il credito d’imposta al 60%, previsto dal decreto Cura Italia per negozi e botteghe, anche ad alberghi e ristoranti ma si studia anche la possibilità di poter cedere gli sgravi ai proprietari a fronte di riduzioni del canone di locazione.