Piccoli tagli alla quota contributiva nelle pensioni che decorreranno dall'1 gennaio 2021. Questo significa in un assegno più leggero per chi andrà in pensione il prossimo anno. Un ribasso stabilito dal decreto dell'1 giugno 2020.
Il taglio non sarà comunque elevatissimo, come calcola ilSole24ore.com una dipendente del settore pubblico che va in pensione con 67 anni di età, con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 vedrà scendere il suo assegno complessivo di circa 300 euro all'anno (da 64mila euro a 63.700 euro).
Altro esempio viene fatto da Italia Oggi su un montante contributivo di 100.000 euro per una persona che sceglie di smettere di lavorare all’età di 65 anni. Se questo fosse andato in pensione nel 2009 la pensione annua avrebbe avuto un importo di 6.136 euro. Nel triennio 2010/2012, invece, l’importo sarebbe sceso a 5.620 euro, ovvero 516 annui in meno rispetto al periodo precedente. Nel triennio 2013/2015 si scende ancora, con 185 euro in meno rispetto al 2010/2012.
L’unica soluzione per non essere danneggiati da questo sistema è quella di restare più anni a lavoro, così che sul montante contributivo venga applicato un coefficiente di trasformazione più favorevole.
Non ci saranno però cambiamenti nei requisiti di acesso, in quanto la variazione legata alla speranza di vita è pari a "zero" quindi il riflesso sarà nullo sui coefficienti. La riforma Dini prevede, infatti, che i coefficienti vengano legati alla speranza di vita e vengano rivisti ogni tre anni.
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