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Coronavirus e Dpcm, crolla la voglia di viaggiare degli italiani: l'86,5% teme il contagio

Prima il Covid-19 e i suoi effetti devastanti sulla vita delle persone e sull'economia. Poi le chiusure delle frontiere e le quarantene. Infine i Dpcm, i tanto discussi e temuti decreti del premier che hanno trasformato gli italiani, da sempre popolo di commissari tecnici della nazionale di calcio, in fini esegeti della norma e del cavillo. Sono tanti i fattori che hanno fatto precipitare la voglia di viaggiare degli italiani e la società di marketing turistico Jfc ha realizzato un'indagine sull'argomento che l'ANSA ha visionato in anteprima. "Un dato su tutti - afferma Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e responsabile della ricerca - manifesta la strettissima correlazione tra l'emanazione di un Dpcm e l'incidenza che lo stesso ha sull'economia turistica: ad ogni decreto cambia la propensione a viaggiare degli italiani. In un mese l'interesse a viaggiare è calato di oltre 15 punti percentuali, ma c'è di più: questo cambiamento è, oggi, condizionato nell'86,5% dei casi proprio dal Covid-19".

"Estremamente interessante è vedere come, nel giro di un mese e due Dpcm - dice Feruzzi - aumentino del +12% i connazionali che hanno deciso di rinunciare alle vacanze invernali e di circa il +15% coloro che hanno spostato la data del viaggio in avanti, nonostante, all'opposto, aumenti la quota di chi desidera viaggiare, a confermare che tanto più aumentano le restrizioni, tanto più cresce il desiderio degli Italiani di fuga dalla quotidianità. Italiani che pensano di poter tornare a viaggiare in totale sicurezza e libertà, nel 48,6% dei casi, solo nell'estate 2021, nonostante sia alto il loro desiderio di viaggio".

La quota di italiani che affermano di voler viaggiare, secondo Jfc, è cresciuta, passando dal 47,3% di fine settembre al 54,7% di fine ottobre, a manifestare come tanto più vi sia l'obbligo di non uscire, tanto più aumenta il desiderio di farlo. Tale desiderio non trova purtroppo "conversione" in un'effettiva prenotazione, in quanto tale decisione sarà presa solo all'ultimo momento, in base alla situazione Covid-19. Un altro dato interessante da considerare è legato al fatto che gli italiani hanno spostato la loro ricerca di sicurezza verso la località rispetto alla struttura dove potenzialmente soggiornare.

"Nel giro di non più di 10 giorni - dice Feruzzi - è quasi raddoppiato il valore attribuito alla sicurezza sanitaria richiesta nelle strutture ospitali (passato da 3,9 punti a 7,3 punti), per poi abbassarsi nell'ultima rilevazione a 5,2 punti. Tuttavia si comprende chiaramente come l'attenzione degli italiani sia rivolta soprattutto alle località: infatti il dato ancora più rilevante è quello relativo all'incremento esponenziale della sicurezza sanitaria che i potenziali ospiti chiedono di trovare nella località di soggiorno: da 2,7 punti si passa a 7,9 punti (in una scala da 1 a 10), per poi toccare il picco del 9,1 punti negli ultimi giorni". Si evince quindi chiaramente come uno dei fattori primari da garantire agli ospiti debba essere quello dell'attenzione massima a tutto ciò che può creare affollamenti e aggregazioni nelle piazze, nei locali pubblici e nei luoghi di socializzazione in generale.

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