Martedì 30 Aprile 2024

Confindustria: l'Irpef frena la produttività, sembra una creazione di Frankenstein

Emanuele Orsini

Pletorica, iniqua, complicata fino all’assurdo, poco trasparente, capace di schiacciare il ceto medio, mortificare la voglia di lavorare e la produttività. Da ultimo L’Istat è anche «una creatura giuridica degna del bisturi del Dottor Frankenstein». Parole del vicepresidente di Confindustria per il Credito, la Finanza e il Fisco Emanuele Orsini durante l’audizione nel costo dell’indagine parlamentare sulla riforma dell’Imposta sui redditi delle persone fisiche. La madre di tutte le tasse - che nel 2019 ha portato allo Stato 176,8 miliardi di euro, (193,5 miliardi se si include il gettito verso gli enti locali) - è costituita , dice Orsini, da "parti estranee e incoerenti, tenute l’una all’altra dal filo ideale di tassare il reddito personale». Ma per mettere ordine, a parere di Confindustria, si impone «un progetto di riforma a tutto tondo che riguardi non solo l’Irpef ma l’intero sistema fiscale». E siccome le risorse stanziate sono poche (circa 2/3 miliardi) non resterà che rimodulare il prelievo alleggerendo il peso sul ceto medio e spostandolo in modo oculato verso redditi più alti e diversi dal redditi di lavoro. Patrimoniale? Riforma del Catasto ? Fino ad ora, la casa e gli immobili sono sembrati il cespite più probabile sul quale spostare il peso della tassazione. Ma Confindustria si dimostra perplessa verso questa soluzione, facile in apparenza, ma complicata nel concreto, tanto più in questo difficile momento congiunturale. «Riguardo l’imposta patrimoniale il tema non è «se» introdurne una, ma come riorganizzare le 17 che abbiamo già». Ha detto Orsini sottolineando che «la congiuntura e le esperienze del passato invitano alla cautela» tanto più se si decidesse di intraprendere «la lunga e costosa» strada della «riforma del catasto». Piuttosto, suggerisce Confindustria - in linea con altri osservatori -, si potrebbe allineare la cedolare secca sugli affitti (oggi al 10% e al 21%) all’aliquota del 23% del primo scaglione Irpef (altri propongono un allineamento al 26% delle rendite finanziarie ndr.). Bisogna però osservare che sulle seconde case (come sono cosiderate quelle date in affitto) grava anche la patrimoniale dell’Imu, che viene calcolata sulla rendita catastale rivalutata del 5% e con un coefficiente elevato dal governo Monti a 160. Quindi il peso del fisco sugli affitti supera e, di non poco, l'aliquota della cedolare secca, e il peso fiscale sugli affitti di fatto risulta già superiore sia al 23% sia al 26%. Tornando alle distorsioni dell’Irpef-Frankeinstein, per Confindustria, il maggior difetto di questo sistema fiscale è l'essere un vero impedimento alla produttività e al desiderio di guadagnare del contribuente Irpef. Il sistema è fatto in modo che «guadagnare un euro in più può voler dire intascare pochi centesimi o al limite anche peggiorare la situazione economica netta della propria famiglia» spiega Orsini. Quindi, nell’ottica di una riforma, «regolarizzare l’andamento delle aliquote effettive» diventa «prioritario». Per Confindustria occorrerebbe "ridisegnare i parametri dell’imposta esistente, mantenendo un sistema ad aliquote e scaglioni, ma riducendo l’ampiezza dei "salti» di aliquota e applicando le detrazioni decrescenti in maniera più lineare rispetto al reddito». Orsini ha messo anche un accento sul rapporto fra imprese e amministrazione finanziaria, sottolineando che va superata "quella ben nota dimensione antagonistica» fra imprenditore e fisco «che non crea vincitori ma solo vinti, e toglie energie al Paese». Rivendicando a Confindustria l’essere co-interessata all’efficienza dell’Amministrazione finanziaria «sulla quale le imprese in primis evidenziano la necessità di investire di più».

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