Cominciano a materializzarsi sui conti correnti degli italiani gli accrediti della prima fase del Cashback, quello di Natale, che ha abbracciato l’arco temporale compreso tra l’8 e il 31 dicembre scorsi. Promesso dal Governo entro l’1 marzo, sta invece facendo sorridere i tanti acquirenti di beni e servizi che hanno utilizzato gli strumenti di pagamento elettronici in quella fase: minimo 10 transazioni per un massimo di 150 euro a testa di rimborso. Ma come prevedibile, si registrano problemi e reclami di migliaia di utenti: su tutti, la mancata registrazione di alcune transazioni da parte dell’applicazione Io, che traccia i pagamenti. A ciò si aggiunge il caso degli imancabili “furbetti”, ovvero coloro che hanno effettuato acquisti da pochi centesimi (l’esempio più “classico” è quello alla pompa di benzina), per poter raggiungere in fretta il minimo di transazioni, che dall’1 gennaio al 30 giugno, nella seconda fase, è fissato a quota 50, e scalare pure la classifica di chi effettua più operazioni, in modo da garantirsi il premio finale di 1500 euro. Sulla scia della nuova politica del Governo Draghi, intento ad eliminare i sussidi elargiti dal precedente Governo per interventi più mirati in natura economica, il Cashback rischia di essere accantonato. Non sono poche infatti le posizioni politiche contrarie a questo esperimento, che costa allo Stato oltre 4 miliardi di euro all’anno, con un effetto peraltro risibile sull’incentivazione del pagamento elettronico.