Lunedì 23 Dicembre 2024

Fondi per lo sviluppo rurale: nasce la “fronda” del Sud. Calabria e Sicilia chiedono equità

Consiglio dei ministri determinante

La posta in gioco è il riparto del Fondo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) ma la partita sui criteri di assegnazione interregionale non si giocherà più in casa, nella Conferenza delle Regioni dove non è stata raggiunta l'intesa all’unanimità, ma fuori, in sede di Consiglio dei ministri. Che la palla passi la prossima settimana al Cdm lo ha chiarito il ministro delle Politiche Regionali all’ultimo question time, giovedì al Senato, peraltro in risposta al fuoco amico: una interrogazione firmata da un gruppo di 27 senatori M5s. Sette anni fa dopo una discussione accesa, le Regioni avevano concordemente definito il settennato 2014-2020 come l’ultimo di applicazione dei criteri cosiddetti storici, per poi arrivare nel 2021 alla definizione di nuovi criteri, ha spiegato Patuanelli. Ma alla fine del 2020 si è accesa una crisi del settimo anno: molte le riunioni e i tavoli di confronto che tuttavia non hanno portato a una soluzione condivisa da parte di tutte le Regioni, con due blocchi, 15 tra Regioni e Province autonome che hanno promosso la nuova impostazione, e 6 del Centro-Sud contrarie. Il Tavolo di confronto è stato aperto, le riunioni si sono succedute ma i tentativi di mediazione non hanno raggiunto l’obiettivo. «La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome ha decretato la mancata intesa giorni fa», ha precisato Patuanelli a Palazzo Madama. Uno stallo che ora scontenta tutti. E stupisce, secondo quanto apprende l’Ansa, gli stessi tecnici del Mipaaf perché si era a un passo da un’intesa con proposta di riparto ibrido: al 90% con vecchi criteri e 10% di nuova impostazione con nuovi criteri, cosiddetti oggettivi. Incassare 90 e perdere 10 sembrava un risultato molto alto, secondo lo stesso ministero che ha cercato la mediazione su criteri misti. Anche nel quantum: si parla, ha spiegato il ministro Patuanelli, di una cifra di 45 milioni in sei Regioni nel totale nel biennio 2021-22, su un importo complessivo del fondo di 3,5 miliardi. «Credo quindi che occorra anche dare il giusto peso alle cifre» ha commentato.

La palla passa al Consiglio dei ministri

Ora tocca al Cdm, dove peraltro tre quarti dei ministri sono del Nord, sciogliere il nodo Feasr che è uno strumento molto importante per tutta l’agricoltura italiana e per rispondere alle istanze del Mezzogiorno. Oggi, in una riunione congiunta, gli assessori regionali all’Agricoltura di Umbria, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia (rispettivamente Roberto Morroni, Francesco Fanelli, Gianluca Gallo, Nicola Caputo, Donato Pentassuglia, Toni Scilla) chiedono che «il governo decida secondo equità, evitando nuovi scippi che sarebbero deleteri per l’avvenire del motore agricolo dell’Italia» e ribadiscono la necessità di non mutare in corso d’opera le regole di riparto dei fondi europei per le politiche di sviluppo rurale. «L'esecutivo - è l’appello dei sei assessori al governo Draghi -tuteli territori che, da soli, rappresentano il 60% delle superfici del Programma di sviluppo rurale Psr». «Alla luce dei ritardi provocati dalle Regioni ritengo sarebbe più corretto - scrive il deputato Dedalo Pignatone (M5S) oggi su Fb - lasciare invariati i criteri per il 2021, modificando solo quelli relativi al 2022», osservando tuttavia che «i contributi sono fondamentali, bisogna difenderli ad ogni costo, ma oltre a questo la Sicilia deve orientarsi verso una nuova visione dell’agricoltura». (ANSA)

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