«Rivedere le rendite catastali per avvicinarle ai valori di mercato, è un processo di equità, di trasparenza e di efficienza». Parola di Vieri Ceriani, economista ed esperto di fisco, sottosegretario al Mef nel governo Monti e a lungo consigliere per le politiche fiscali di diversi ministri.
«La riforma del catasto - spiega Ceriani in un colloquio con l’AGI - è in cantiere da 10 anni e che con la legge delega approvata nel 2014 era stata impostata. L’operazione fatta ora dal governo Draghi è ancora più sofisticata: faccio le nuove rendite e ti faccio vedere che molti ci guadagnano, in particolare le periferie, gli immobili più nuovi che poi corrispondono a cittadini che hanno un reddito più basso, mentre i centri storici pagheranno di più. Quando ci si renderà conto di questo sarà più accettabile e forse si potrà accettare di dare valore fiscale a queste nuove rendite».
Ma l’Italia non è l’unico Paese in cui la riforma del catasto è rimasta al palo per anni. «Sono decenni che in Germania vorrebbero rifare il catasto e non ci riescono per motivi politici di contrasto», sottolinea Ceriani.
Quanto all’Iva, per l’esperto di fisco, «è necessaria una razionalizzazione delle aliquote» mentre il problema dell’Irap «è come la sostituisci» perchè è «un’imposta che vale 24 miliardi. Pezzo a pezzo si inizierà a farlo. Il nodo è cosa dai alle regioni per finanziare la sanità».
Sul fronte della revisione delle tax expenditure, ovvero la giungla di sconti fiscali, Ceriani, che ha presieduto la Commissione nominata dall’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, per la ricognizione delle spese fiscali, rileva che per «affrontare la questione servirebbe istituire un’altra commissione che non si limita fare una rassegna ma che ha il compito di proporre delle revisioni. La commissione esistente - conclude - ha solo uno scopo ricognitivo, poi il governo dovrebbe intervenire, ma dal 2016 a oggi le spese fiscali sono aumentate di numero e di importanza».
«Tutto questo clamore sul catasto mi sorprende - osserva l’economista - perchè mi ricordo che nel 2014 l’articolo sulla riforma del catasto fu votato all’unanimità dal Parlamento, fu approvato anche dalle opposizioni perchè c'era consenso ampio sulla necessità di rivedere le rendite. Allora si fissavano i criteri con cui rivedere il catasto dei fabbricati e si indicava chiaramente che si sarebbe dovuta conseguire una parità di gettito, niente di allarmante per i contribuenti». Anche oggi, spiega Ceriani, «Draghi è stato chiarissimo su questo: per riformare il catasto ci vorranno cinque anni, significa razionalizzare le rendite catastali, censire quello che ancora non è censito».
«Ci vorranno cinque anni - prosegue - è esattamente quello che si diceva nel 2014, cioè sei anni fa. Noi siamo andati per due volte in consiglio dei Ministri con il governo Renzi con il decreto delegato e siamo tornati indietro perchè è stato approvato salvo intese e poi sostanzialmente congelato. E'd è stato congelato perchè si aveva paura. Ma sarebbe stato un’operazione di redistribuzione: la somma delle nuove rendite catastali doveva essere identica a quella delle vecchie, ma qualcuno avrebbe pagato di più e qualcuno di meno: pagava di più chi non era accatastato, sostanzialmente di più i centri storici e meno le periferie. Quello che si temeva politicamente era che, come sempre quando fai una redistribuzione, a parità di gettito, quelli che ci guadagnano stanno zitti e quelli che perdono si lamentano, e allora non si ebbe il coraggio di fare questa operazione».
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