Dal febbraio 2020 all'agosto 2021 il numero dei lavoratori non dipendenti è sceso di 302 mila unità (-5,8%) e quello dei dipendenti è calato di 89 mila (-0,5%). Se, in termini assoluti, i primi sono arrivati a 4.936.000, i secondi hanno toccato quota 17.847.000.
Lo rileva la Cgia per la quale chi ha subito di più sono state le partite Iva. Ai problemi che da sempre assillano le micro imprese (burocrazia, mancanza di credito, tasse etc.), le chiusure imposte per decreto, le limitazioni alla mobilità, il crollo dei consumi delle famiglie e il boom dell'e-commerce registrati nell'ultimo anno e mezzo hanno peggiorato la situazione di tanti autonomi che sono stati costretti a chiudere. Solo nel 2020 in Italia i consumi delle famiglie sono scesi di 130 miliardi di euro. Da mesi la Cgia chiede al premier Draghi e ai governatori di aprire un tavolo di crisi permanente a livello nazionale e locale per dare una risposta agli autonomi. Negli ultimi 17 anni, il picco massimo delle aperture è stato nel marzo del 2004, quando si registrarono in Italia 6.303.000 indipendenti.
Poi c'è stata una continua "emorragia" che ha fatto scendere nel dicembre 2020 questa categoria lavorativa sotto i 5 milioni. A gennaio 2021 si è arrivati a 4.925.000. Da febbraio è ripresa la salita che è durata fino ad aprile che si è fermata ad agosto a quota 4.936.000. Se in questi 18 mesi di Covid si sono persi "solo" 89 mila dipendenti, in valore assoluto i titolari di un contratto a tempo indeterminato hanno avuto un calo più marcato di quello dei lavoratori a termine: tra febbraio 2020 e agosto 2021, i primi sono scesi di 57 mila unità (-0,4%), i secondi, invece, 32 mila (-1,1%).
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