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Tim, Kkr pronta a opa "amichevole" su 100% delle azioni

Il fondo statunitense Kkr ha presentato una manifestazione d’interesse per il 100% delle azioni ordinarie e risparmio di Tim, un’offerta destinata al delisting della società. La soglia minima stabilita dal fondo Usa per portare a termine la propria proposta, al momento «non vincolante e indicativa», è quella di raggiungere un’adesione pari ad almeno il 51% del capitale. L’offerta, condizionata a una due diligence di 4 settimane, è stata valutata dal cda di Tim nel corso di una riunione straordinaria durata circa 4 ore. Al board, Kkr ha qualificato le proprie intenzioni come «amichevoli» e subordinate «al gradimento degli amministratori della società e del supporto del management», nonchè «al gradimento dei soggetti istituzionali rilevanti», visto che la principale compagnia telefonica del Paese è soggetta ai poteri speciali del 'golden power'. L’offerta del fondo statunitense è pari a 0,505 euro per ogni azione, il 46% in più degli 0,3465 euro con il quale il titolo Telecom ha chiuso la seduta di venerdì.

In mattinata, Vivendi, ultimamente molto critico verso le strategie e i risultati raggiunti dall’attuale amministratore delegato, Luigi Gubitosi, aveva ribadito di essere «un investitore di lungo termine» sin dall’ingresso iniziale nel gruppo e aveva confermato «la volontà di lavorare al fianco delle autorità italiane e delle istituzioni pubbliche per il successo a lungo termine». La compagnia francese aveva inoltre «negato fermamente di avere avuto discussioni con qualsiasi fondo e, più specificamente, con Cvc», per avanzare un piano alternativo da contrapporre a quello di Kkr. Lo stesso Cvc, in tandem con il fondo Advent ha negato contatti con Vivendi, primo azionista della compagnia telefonica con il 23,5% circa, però contemporaneamente i due fondi si sono detti «aperti a discutere con tutti gli stakeholders per trovare una soluzione di sistema per il rafforzamento di Tim». Nessun commento e massimo riserbo, invece, dal ministero dello Sviluppo economico, mentre Palazzo Chigi segue con attenzione la vicenda e, secondo alcune indiscrezioni, con l’eventuale ingresso in Tim di un altro investitore estero come Kkr, potrebbe esercitare il 'golden power' per tutelare la rete, l’asset più strategico e di valore della compagnia telefonica. A questo proposito, il governo sarebbe pronto a varare una sorta di supercomitato di ministri e superesperti per esaminare questa possibilità: tra i nomi ipotizzati, ci sarebbero quelli del ministro dell’Economia Daniele Franco, del ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’Innovazione Digitale, Vittorio Colao, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Francesco Gabrielli, e gli economisti e consulenti del governo Francesco Giavazzi, Roberto Garofoli e Giuseppe Chinè. Kkr vanta oltre 400 miliardi di dollari amministrati, una 'squadra' composta da quasi 1.700 impiegati e consulenti, e oltre 550 analisti capaci di pilotare e consigliare investimenti da una rete dislocata in 20 città di 16 diverse nazioni di 4 continenti. Kkr ha effettuato investimenti in oltre 160 società che spaziano dai settori delle infrastrutture (uno dei più gettonati dal fondo) all’energia, dal real estate al credito; e in Italia è già azionista con il 37,5% di FiberCop (la società che ha in pancia la rete secondaria di Tim, quella - per intendersi - che collega gli armadietti stradali alle case degli utenti).

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