Il caro-tassi batte il credito e ridisegna i progetti di spesa per la casa delle famiglie italiane. E’ quanto emerge da una ricerca della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) sull'aumento dei tassi d’interesse e l’impatto sui mutui. La fiammata del costo del denaro, portato al 4,5% dalla Bce, ha fatto triplicare i tassi praticati dalle banche sui mutui erogati alle famiglie. A fine dicembre scorso, gli interessi medi applicati ai prestiti immobiliari erano arrivati al 4,40%, vale a dire esattamente il triplo rispetto all’1,45% di gennaio 2022, livello minimo degli ultimi anni.
I tassi praticati dalle banche alle operazioni di finanziamento immobiliare, evidenzia la Fabi, erano all’1,67% a gennaio 2021 e nel corso di quell'anno sono rimasti sostanzialmente stabili, finendo in leggero calo all’1,59% a dicembre. Scesi ulteriormente all’1,45% a gennaio 2022, gli interessi sui mutui sono poi saliti già nell’arco del primo semestre, con il mercato che, per prassi, ha anticipato le decisioni della banca centrale.
Nell’arco del secondo semestre del 2022, i tassi sono passati dal 2,17% di giugno al 3,34% di dicembre, con 117 punti base aggiuntivi. Ulteriori, importanti aumenti sono arrivati nel corso del 2023: 3,68% a gennaio e 4,02% a marzo, con il picco raggiunto a novembre e i tassi arrivati al 4,61%, per poi ripiegare al 4,40% di dicembre e il 3,99% di gennaio scorso. Resta da capire se la "discesa dell’ultimo bimestre sia l’inizio di un percorso strutturale e non un fatto episodico», spiega la Fabi.
I dati degli ultimi 12 mesi dimostrano, secondo la Fabi, «che il delicato equilibrio tra tassi di interesse e inflazione ha messo a dura prova la capacità di indebitamento degli italiani e trascinato verso il basso gli investimenti nel mattone». Tutto questo con effetti negativi, in generale, sul mercato immobiliare e in particolare sulle compravendite, che l’anno scorso sono significativamente diminuite: per questa ragione, cala dal 50% al 41% la quota di italiani che si indebita per comprare un’abitazione, con le compravendite che sono calate quasi del 12%.
L’inversione di tendenza nel mercato immobiliare, osserva il sindacato dei bancari, «potrebbe essere favorita qualora la Banca centrale europea, nelle prossime riunioni, decidesse di dare il via al taglio dei tassi e a una fase più espansiva, in generale, per il credito. I dubbi, però, aleggiano sulla rapidità con cui le famiglie italiane risponderanno ai tagli in arrivo e all’effetto indotto, ma lento, che gli stessi avranno sul costo di chi prende in prestito. Per ora, i dati sui prestiti e le pressioni sul mercato immobiliare italiano risultano negativi e sono la conseguenza dell’impegno costante da parte della Bce a far crescere il costo del denaro, nel tentativo sfrenato di frenare l’inflazione».
L’ammontare dei mutui, evidenzia la Fabi, era a quota 392,3 miliardi a gennaio 2021 e nel corso di quell'anno è aumentato al ritmo di 1,5 miliardi al mese, chiudendo a quota 409,9 miliardi a dicembre dello stesso anno. Nei 12 mesi successivi, il ritmo di crescita è leggermente calato a 1,4 miliardi, con il totale arrivato a 426,9 miliardi a fine anno dai 410,3 miliardi di gennaio.
Inversione di tendenza e rallentamento sono arrivati subito con il 2023: primo calo di circa 600 milioni già a gennaio (stock a 426,2 miliardi) e poi una progressiva, seppur lenta, diminuzione fino ai 424,6 miliardi di dicembre scorso: la discesa media mensile è stata pari a 192 milioni per un totale di 2,3 miliardi di euro su 12 mesi (-0,54%). «I dati, rielaborati sulla base delle statistiche di Banca d’Italia, non comprensivi di eventuali cartolarizzazioni, consentono dunque di osservare che l’ammontare dei prestiti immobiliari - osserva l’analisi - è sistematicamente cresciuto in corrispondenza di tassi favorevoli, sia dal punto di vista della politica monetaria sia per quanto riguarda gli interessi per la clientela, per poi decelerare significativamente nel momento in cui si è inasprita la dinamica del costo del denaro».
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