Giorgia Meloni: "La stagione dei bonus e dei soldi gettati dalla finestra è finita. Sarà una manovra ispirata al buon senso"
Una manovra rivolta ad aiutare il potere d’acquisto delle famiglie, in particolare quelle più numerose, e ad offrire sgravi fiscali alle imprese che assumono. La premier Giorgia Meloni, nel corso del Cdm e del vertice di maggioranza, ha tracciato i suoi punti fermi in vista della stesura della prossima legge di bilancio. Viene confermata dunque la volontà di prorogare il taglio del cuneo fiscale e contributivo - in vigore dal 1 maggio 2023 per i redditi fino a 35mila euro - e gli sgravi fiscali in favore delle famiglie più numerose. La coalizione di centrodestra, in una nota congiunta dopo il vertice a Palazzo Chigi, specifica che le legge di bilancio «come le precedenti, sarà seria ed equilibrata». La manovra, viene spiegato, «confermerà alcune priorità come la riduzione delle tasse, il sostegno a giovani, famiglie e natalità, e interventi per le imprese che assumono». Le opposizioni intanto si dicono preoccupate per i possibili tagli sulla sanità e la previdenza e per gli effetti fiscali di alcune misure.
Meloni: "Legge di bilancio ispirata al buon senso e alla serietà"
Nel corso del primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha illustrato l’iter del nuovo piano strutturale di bilancio, che va inviato a Bruxelles entro il 20 settembre dopo il passaggio in Parlamento. Il documento punta a definire la traiettoria per la spesa netta, coerente con il nuovo Patto di stabilità e l’orizzonte stabiliti dall’Ue per il rientro dal deficit eccessivo da realizzare attraverso un piano di rientro che ha una durata di 4 anni, estendibile fino a 7 anni. Si stima che l’Italia possa procedere con tagli pari a circa lo 0,5%-0,6% del Pil annuo per rientrare dalla procedura di infrazione. Il testo conterrà anche l’indicazione del deficit per l’orizzonte di programmazione indicato. «Sarà una legge di bilancio ispirata, come quelle precedenti, al buon senso e alla serietà. La stagione dei soldi gettati dalla finestra e dei bonus è finita e non tornerà fin quando ci saremo noi al governo», argomenta Meloni nel corso del Cdm. «Tutte le risorse disponibili devono a mio avviso - aggiunge la premier - continuare a essere concentrate nel sostegno alle imprese che assumono e che creano posti di lavoro e per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie, con la solita attenzione particolare a quelle con bambini».
La polemica sull'assegno unico
Non si placa la polemica sull'ipotesi di revisione del meccanismo di funzionamento dell’assegno unico. Meloni avvisa: «La manovra è ancora da scrivere, consiglio grande prudenza - lo dico voi per primi, lo dirò anche ai gruppi parlamentari di maggioranza - nel commentare misure e interventi di cui ha parlato finora la stampa ma che non sono mai neanche state proposte». E ancora: «Se c'e» qualcuno che vorrebbe far saltare l’assegno unico non è certo questo Governo ma qualche zelante funzionario europeo che ha aperto una procedura di infrazione e ha chiesto all’Italia di cancellare il requisito della residenza in Italia per i percettori dell’assegno non lavoratori. Modifiche folli, ingiuste per le famiglie italiane e insostenibili per l’equilibrio dei conti dello Stato». La premier ed il titolare del Mef avrebbero raccomandato ai ministri una gestione oculata delle risorse a disposizione. Perchè il nodo dei fondi resta fondamentale in vista della prossima manovra. Il sentiero è stretto, vista la necessità di alleggerire il macigno del debito pubblico - che sta per raggiungere la cifra simbolo di 3mila miliardi. La manovra, si parla di un documento poco superiore ai 25 miliardi di euro, dovrebbe prevedere la conferma del taglio del cuneo fiscale e contributivo per i redditi fino a 35mila euro per contrastare l’inflazione. Tra le ipotesi allo studio ci sarebbe anche quella di provare a estenderlo ai redditi fino a 50-60mila euro. Ma il tema resta sempre quello delle risorse limitate. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha stimato che solo per confermare gli interventi finanziati lo scorso anno occorrono circa 18 miliardi, di cui poco meno di 11 per il taglio del cuneo. Per altri interventi, dunque, lo spazio di manovra appare limitato. Un aiuto potrebbe arrivare dalle maggiori entrate tributare registrate nel periodo gennaio-giugno 2024, l’ultimo bollettino del Mef certifica un aumento di 10.1 miliardi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+4,1%). Da alcuni giorni si fa strada l’ipotesi di una sforbiciata delle tax expenditure, un insieme di centinaia di esenzioni, detrazioni, crediti d’imposta, aliquote agevolate. Nel 2016 uno studio per conto del Senato ha censito - sommando tributi erariali e tributi locali - oltre 600 misure diverse, con un impatto finanziario pari a quasi -80 miliardi di euro, ma sul 67% delle spese erariali non erano disponibili informazioni complete. Altre risorse potrebbero arrivare dagli effetti della revisione del concordato preventivo biennale. Anche se il precedente del 2003 - pur in un contesto diverso - non ebbe il successo sperato incassando appena 57 milioni di euro rispetto ai 3,5 miliardi stimati.
Le opposizioni
Le opposizioni si preparano a dare battaglia in Aula. «Siamo preoccupati del fatto che il governo non abbia ancora dato risposte su cosa intenda fare con questa manovra. E siamo ancora più preoccupati dalle voci che si rincorrono sul fatto che farebbero cassa ancora una volta sulle pensioni», incalza la segretaria Pd Elly Schlein. «Non possiamo accettare - prosegue - di vedere ancora una volta tagliare l’indicizzazione delle pensioni». Mentre dal M5s il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri argomenta: «La coperta non è corta, lo è la stoffa dei politici del governo Meloni. Stanno tagliando tutti gli investimenti strategici per il Paese, ma non toccano gli extraprofitti bancari, non fanno la digital tax e lasciano che i salari dei cittadini diminuiscano sempre di più. Dicono che la coperta è corta, eppure continuano a spendere soldi per le armi».