
Il vertice super informale dei leader Ue a Bruxelles è nominalmente sulla difesa ma a rubare la scena sono i (possibili) dazi di Donald Trump. La sessione della mattina è stata infatti dedicata ai rapporti tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti - relazione speciale quando si tratta di aspetti militari - e in questo contesto i 27 hanno fatto il punto sulla situazione. «È emerso un forte consenso: i dazi tra gli Usa e l’Ue sarebbero dannosi per entrambe le parti», ha notato una fonte europea. Un argomento che difficilmente potrebbe convincere Trump, che starebbe valutando un balzello del 10% flat. Parigi e Berlino allora suonano la carica, rispolverando la tradizionale affinità strategica: siamo pronti, è il ragionamento, a ribattere colpo su colpo.
«Una cosa è chiara: in quanto area economica forte, possiamo gestire autonomamente i nostri affari e rispondere ai dazi coi dazi», ha dichiarato il cancelliere tedesco Olaf Scholz arrivando al summit, organizzato per l’occasione al Palais d’Egmont, nel centro della capitale belga. «È ciò che dobbiamo fare e lo faremo». «Se sarà attaccata» da un punto di vista commerciale, gli ha fatto eco Emmanuel Macron, «l'Europa dovrà farsi rispettare e reagire». Il coordinamento, però, rischia a questo punto di non essere solo del Vecchio Mondo. Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha telefonato al presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa per informarlo della sua reazione alle tariffe di Trump. «Entrambi i leader - ha affermato un funzionario - hanno sottolineato l’importanza delle relazioni bilaterali Ue-Canada e hanno confermato la loro determinazione a continuare a lavorare insieme in tutti gli aspetti della cooperazione in termini di relazioni interpersonali, commerciali e investimenti».
Trudeau, insomma, cerca la sponda europea. Anche perché il capitolo difesa (specie dal punto di vista industriale) ora potrebbe intrecciarsi alla strategia Ue su come ridurre lo squilibrio dell’interscambio Usa-Ue. I 27 sanno che dovranno comunque spendere di più per la difesa e chi tra loro fa anche parte della Nato va incontro ad un target ben superiore al 2% l'anno (il Canada peraltro è fra gli alleati che non ha ancora raggiunto la fatidica soglia). Le armi, dunque, possono rientrare nel valzer di accordi. Sul punto però si prospetta uno scontro con Parigi, che sta spingendo da mesi gli acquisti 'made in Europe per rafforzare la base industriale blustellata. Una visione che mal si allinea con l’idea trumpiana (molti alleati europei sono poi scettici, perché hanno le catene del valore legate a quelle americane).
«Convincerò tutti i leader europei a non introdurre restrizioni che possano limitare o eliminare la possibilità di spendere denaro europeo per gli armamenti americani», ha detto senza mezzi termini il primo ministro polacco, Donald Tusk. «Gli armamenti americani e le migliori relazioni possibili con Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Norvegia, per quanto riguarda la difesa, devono essere al centro della nostra attenzione», ha aggiunto. Nessuna barriera dunque tra alleati Nato. Che poi è ciò che va ripetendo il segretario generale Mark Rutte da mesi.
"Sono certo che i dazi non avranno impatto sulla nostra deterrenza", ha sottolineato ricevendo il premier Keir Starmer (per lui pure una cena con i 27, primo giro di tavolo di un primo ministro del Regno Unito dalla Brexit).
Rutte si è detto certo che si potrà trovare un’intesa con gli Usa, anche perché dal 2022 ad oggi il surplus commerciale «è salito» a loro favore. «Vale 180 miliardi di dollari, vendono più loro a noi che il contrario», ha evidenziato con nettezza.
Trump a parte, i 27 hanno avuto molto da discutere su che direzione dare alla difesa comunitaria, sinora appannaggio semi-esclusivo dei Paesi membri. Oltre al 'made in Europe bisogna capire su quali macroprogetti puntare e dove trovare i quattrini: la notizia è che persino i più frugali - ad esempio la Finlandia - valutano opzioni creative. «Siamo aperti ad ogni soluzione sui finanziamenti, abbiamo bisogno di risorse comuni, siamo pronti a discuterne», ha detto il premier Petteri Orpo.
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