Ci raccontano che l’Alta velocità sarà presto ben più che un mito futurista, ci spiegano che la formidabile avveniristica Torino-Lione è irrinunciabile; il giorno dopo ci svelano che invece è un «buco» inutile, i cui sottovalutati costi prevalgono sugli enfatizzati benefici. Ci raccontano che le Ong sono in realtà associazioni per delinquere in combutta con gli scafisti che lucrano sui poveri migranti; il giorno dopo ci rassicurano e dicono che in larga parte le Ong – come sempre avevamo creduto, e la magistratura conferma – non delinquono affatto e che in realtà si adoperano per salvarli, quei senza-più-futuro dei migranti d’ogni possibile Africa. Ci raccontano che Nicolas Maduro, in Venezuela, è un dittatore che ha distrutto un Paese, ed è – maledetto – così incapace da aver cancellato i vantaggi che vengono dal petrolio; il giorno dopo ci dicono che lui, soltanto un capro espiatorio, non è poi così male, non così tanto male – almeno – da preferirgli Guaidó a scatola chiusa. Ci raccontano che la flat tax sistemerà le cose e darà finalmente tranquillità fiscale a migliaia di operosi imprenditori; il giorno dopo ammettono che la tassa, annacquatissima, restituirà il sonno soltanto a un esiguo drappello di fortunati (a causa delle poche risorse – questa la goffa giustificazione – non sarà possibile mantenere nemmeno un terzo delle roboanti promesse elettorali). Ci raccontano che il reddito di cittadinanza – 780 e cocci euro all’universo mondo – donerà speranza e prospettiva a tutti i dimenticati; il giorno dopo riconoscono che la “platea”, per carenza di fondi, sarà verosimilmente ridotta e che il favoleggiato rilancio dell’economia potrebbe risultare un po’ lento. Ci raccontano della Consob – Minenna sì, Minenna no, Savona sì, Savona no –, ci raccontano dello spazio Rai dopo il Tg1 – Maglie sì, Maglie no –, della Tap sì e no, delle trivelle sì e no. Ci raccontano ogni giorno cose diverse, i due maggiori azionisti del governo, premiati dalle urne esattamente undici mesi fa. In campagna elettorale permanente, sembrano più preoccupati di conservare il plauso dei propri sostenitori che del Paese. Appaiono, i leader del M5S e della Lega, ossessionati dai “Mi piace”, ormai la cartina di tornasole delle cosiddette controculture. Di “sinistra” e di “destra”. Sicché avanti agli occhi abbiamo: i 5Stelle, in confusione, e una destra, post-borghese, corpo e vieppiù anima della Lega. D’altra parte, quale destra è per definizione favorevole alla Tav, se non quella – in doppio petto – berlusconiana? Attenzione: l’Alta velocità trova convinto appoggio anche nel centrosinistra; non ci interessa – in questo ragionamento – il merito della faccenda ma il Dna dei propalatori, dell’una sponda di governo e dell’altra. Ebbene, che destra è quella ammanigliata a una serie d’interessi locali, lecitissimi ma di palazzo? Come conciliare quest’immagine con quella di chi ama invece raccontarsi come “uomo qualunque” alla vecchia maniera? Che c’entra, questa destra, con quella discutibile – certo – ma “schierata”, ad esempio, dalla parte dei pellirossa contro gli usurpatori bianchi in America? Né c’entra con i nazi-fai-da-te. Suvvia, non scherziamo: Matteo Salvini... mangia Nutella. Cavalca populismo, sovranismo e ogni comodo “ismo” solo per mietere consensi. Indossa le situazioni come indossa le divise: cambia, alla bisogna. Per conquistare questo e quel militare, gli ultrà più narcisisti, gli imprenditori del Nord-Est e del Nord-Ovest (le sue aree di vero interesse) col complesso dell’abbandono. E Di Maio e Di Battista? Poliziotto buono e poliziotto cattivo. Per essere al contempo di lotta e di governo, godersi il potere e tenere buona la base illusa (ormai disillusa?) che sembra tifare Maduro e, per il caso Diciotti, chiede il processo per Salvini. Ricordate il «Mai immunità»? «Per nessuno», dicevano. Vedremo. Tanto, riguardo alla “Diciotti”, arriverà per Salvini il soccorso di Silvio&Co. È, appunto, una faccenda di Dna: quello della Lega è un sovranismo all’italiana. Che non ha mai smesso d’essere un giocattolino in mano alla destra post-borghese. Sì, al prossimo giro è probabile che torni Silvio. E, invece che sulla Tav e le altre millanta cose, il teatrino con Salvini sarà soprattutto sull’Europa.