Non so se ve ne state accorgendo: qui va tutto a rotoli. Tra sorrisi pentastellati a sessantaquattro denti e selfie leghisti si sta, sotto i nostri occhi, sgretolando lo Stato, sempre più immiserito, povero di idee e di intenti. Ci resta l’orgoglio di mostrare i muscoli – peccato che siano d’argilla – all’Europa, di aver lasciato decine di donne e bambini per giorni in mare aperto, al freddo e alla fame, negando loro accoglienza, di aver rivendicato patriottismo innanzi ai francesi, involutisi persino più di noi, loro che vagolano tra Macron, sempre più incolore, e Marine Le Pen, in lezzo di neofascismo.
Sui barconi, in preda ai flutti, ci sono anche tutti i lavoratori ex Ilva e della Whirlpool, mentre in nave prendono il largo la Knorr (sì, quella del dado, tratto ora verso il Portogallo), e Mediaset che in queste ultime ore ha spostato la sede legale in Olanda.
E che dire della fusione, finita alle ortiche, tra Fca e Renault? Di Maio se la prende con l’interventismo francese, le opposizioni – in Italia – accusano invece il ministro dello Sviluppo di troppo immobilismo. Fatto sta che è saltata l’intesa che avrebbe dato all’Europa un competitivo colosso dell’auto.
Ma abbiamo un governo di furbi, noi. I più furbi. Se ne fregano di Bruxelles, di Bankitalia che ieri ha tagliato le stime del Pil, dell’aritmetica che imporrebbe (e di corsa) una manovra correttiva, sbandierano l’ultima genialata - i minibot -, sproloquiano su un formidabile rilancio economico - da «realizzare in deficit», creando incentivi che dovrebbero trovare vento propizio non-si-sa-da-dove-e-come, rilancio economico che con queste premesse non ci sarà mai -.
Egualmente, i nostri governanti dormono sonni tranquilli, mentre - pure - mancano i quattrini per l’istruzione, per la ricerca, mentre la sanità va a rotoli, il welfare muore, e nessuno – nei dintorni di Palazzo Chigi – ha uno straccio di idea su come tirarci fuori dalle secche di una recessione, non più tecnica ma reale, che è già nelle cose: nel carrello della spesa, nelle facce sconsolate per le strade, nei «tweet tristi» sulla Rete rilevati dall’Istat, negli sbiaditi uffici della pubblica amministrazione.
E, per soprammercato, la criminalità tira calci, rivitalizzata soprattutto a Napoli, le mafie lucrano, la corruzione dilaga e, a quanto pare, tocca pure la magistratura. Ma la “politica” dov’è? Camera e Senato a prevalenza gialloverde stanno, intorpiditi, a rimirarsi l’ombelico, stressati dalla campagna elettorale permanente cui si sono e ci hanno condannati.
C’era da aspettarselo, d’altra parte: il “contratto di governo” è una formula che ha, in buona misura, funzionato in Germania per anni, ma che fa acqua in Italia. Fisco, vincoli Ue, Tav, cantieri & appalti, porti chiusi a singhiozzo (ieri a Pozzallo altri 62 migranti, 70 a Roccella Jonica), Rai – più che altre volte – “di regime”. L’hashtag è #chissenefregadeglitaliani, questa è la verità.
Regione Lombardia, Siri, Rixi, Roma, Raggi, mafia capitale, rifiuti. Immondizia ovunque, in realtà. Non si capisce nulla in mezzo Settentrione, nella Capitale, in Campania, nella dimenticata Puglia, nel Molise senza medici, in Calabria e Sicilia, mortificate regioni del Sud, dilaniate da veleni “politici”, tra poltrone e pagnotte negate.
Urge - ed è lecito aspettarsela dalle forze riformiste - una proposta macroeconomica seria: partire da una buona realistica visione finanziaria, mettere in campo strategie per il lavoro, tentare il recupero d’ogni energia sana che è ancora in molta imprenditoria di questo stralunato Paese. Servono piani sostenibili e va data propulsione anche e soprattutto al ceto medio.
Ebbene, Mario Draghi è a fine mandato, e le sue ultime mosse da presidente della Bce stanno dandoci un altro po’ di carburante fino alla metà del 2020. È l’ultimo distributore su questa brulla autostrada: cerchiamo di arrivarci, a un qualche casello, quale che sia. Per noi, sennò, neppure un carro attrezzi: non verranno né Trump né Putin a recuperarci, considerano i Paesi Ue nulla più che mete turistiche. Il loro problema sta tutto nel come rapportarsi con la Cina. Strano, laggiù non sono scaltri come noi.
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