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Lavoratori pubblici e privati: la pandemia... dei privilegi

Chi lavora ha gli stessi diritti e doveri? I dipendenti pubblici e privati sono messi sullo stesso piano? Gli effetti della pandemia, in particolare, hanno avuto ricadute uguali per tutti? Assolutamente no! I fatti e i numeri ben rappresentano un’evidente disparità. Analizziamoli.

Le imprese hanno subìto cali di fatturato? Si è fatto ricorso agli ammortizzatori sociali per mettere in sicurezza i conti, penalizzando i dipendenti: secondo i dati di "Lavoro&Welfare”, fino a settembre, sono stati autorizzati 3,2 miliardi di ore di Cassa d’integrazione, con una perdita media mensile sulle retribuzioni di 461 euro. Nel pubblico impiego tutto come prima.

Occorreva e occorre garantire il distanziamento sociale? Le aziende private hanno dato fondo alle riserve di ferie e permessi, consentendo il lavoro da casa lo stretto indispensabile per non compromettere l’efficienza dell’organizzazione aziendale e la produzione. Nella pubblica amministrazione lavorare dal domicilio è diventata la regola, a prescindere dalla funzionalità degli uffici. A tal punto che la deroga alla Legge 81 è stata definita “modalità ordinaria di svolgimento della prestazione”. Chi, invece, percepisce il reddito di cittadinanza, da casa non esce proprio. Si gode il beneficio, e non c’è lavoro socialmente utile che tenga.

E poi quanti sono i lavoratori che hanno perso e perderanno nei mesi a venire il posto? Immaginiamo tanti, troppi per un Paese dove la disoccupazione è endemica. Attenzione, pure in questo caso, è un problema che riguarda solo il settore privato. Nel pubblico si prevedono assunzioni e pure aumenti di stipendio, in media 108 euro al mese. I sindacati ringraziano, annunciando uno... sciopero. Povera Italia!

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