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La resa di Matteo il timido contro Nole il “cannibale”

Matteo Berrettini durante la finale di Wimbledon

Ci ha creduto, ma non fino in fondo. Di fronte aveva il “cannibale” del tennis mondiale, ma non nella versione più sfolgorante. Ha vinto un surreale e paralizzante primo set, e ha perso i tre successivi in cui avrebbe potuto piazzare l’allungo, mettere paura al fuoriclasse serbo, costringerlo a camminare sul filo sottile dei nervi, minare granitiche certezze che invece hanno retto anche all’urto emotivo di chi inseguiva il sesto trofeo sulla “sacra erba” londinese.
Matteo Berrettini deve rinunciare al sogno di trionfare a Wimbledon inchinandosi a Nole Djokovic, che lo temeva e lo ha rispettato. Il risultato non può destare sorpresa, ma da Matteo era lecito attendersi una più matura gestione del match e delle emozioni: è vero che Nole modula il livello di gioco a seconda della performance dell'avversario, e diventerà certamente il tennista più vincente della storia, ma lo abbiamo visto giocare molto meglio.
I numeri non tradiscono in questo sport. Troppi i 47 errori non forzati da parte di Berrettini, meno della metà quelli dell'avversario, solo due palle break convertite su sette, il 39% di punti incassati sul secondo servizio, insufficiente il 76% di punti conquistati con la prima palla. Polso il più delle volte rigido quando c'era da giocare il dropshot, slice di rovescio e dritto in spinta – che è il colpo ferale di Matteo – spesso corti.
Non è stato un match entusiasmante perché si è proseguito a strappi. E quando Nole ha preso spazio mai Matteo, fuorché nella fase finale del primo set, è riuscito a fare match pari. L’italiano non ha nulla di cui rammaricarsi: correva il rischio di essere stritolato e invece è rimasto sul Centre Court del tempio del tennis per tre ore e mezza. Trarrà lezione dalla sconfitta: ha 25 anni e la consapevolezza, adesso, di poter giocare e vincere contro chiunque. Si è dovuto piegare a un avversario che ha conquistato il ventesimo Slam su 30 finali disputate, come Djokovic solo Federer e Nadal, 86 titoli in carriera, almeno un altro quinquennio davanti. Il più forte ribattitore nella storia di questo sport, fisicamente straripante, mentalmente solidissimo.
Berrettini entra in punta di piedi nel Gotha dello sport mondiale e sul podio del tennis italiano, che ormai gli spetta di diritto. Avrà magnifiche sorti e progressive, ma non è detto che potrà disputare un'altra finale Slam. Tuttavia non è questo il punto. Ha lo straordinario merito di aver tirato fuori dall'oblio il tennis italiano dopo 45 anni di attesa e silenzi, umilianti posizioni di retrovia. Dietro di lui sta crescendo una generazione di eccellenti talenti. Ha forza, talento e serietà, magari non diventerà il n. 1 della classifica mondiale, ma ci farà divertire.
La “sacra erba”, che solo a calpestarla è impossibile non tremare, comincia a non esserci più ostile, come i più prestigiosi palcoscenici mondiali di questo sport. E la vittoria è anche questione di abitudine. Una donna da accarezzare e che un giorno si concederà, se lo avrai meritato. Va bene così, “adelante” Matteo con gioia.

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